Suona italiano ma purtroppo è un falso: l’Italian sounding rappresenta più del 50% del mercato internazionale rispetto all’export autentico
Dici Parmigiano Reggiano, aceto balsamico Prosciutto di Parma, sugo di pomodoro, pasta, vino e ti sembra di “sentire” l’eccellenza alimentare italiana, ma spesso sui mercati esteri si tratta solo di un’illusione. Un’ illusione che si chiama Italian sounding: suona italiano, ma non lo è. Però sfruttando un mix di nomi italiani, loghi, colori, immagini riconducibili al nostro Paese, quel prodotto, preparato da tutt’altra parte, viene commercializzato con successo.
Per fare qualche esempio, il Parmesan richiama il nostro Parmigiano, la Zottarella o Mozarella la nostra mozzarella, la Salsa pomarola il nostro sugo….
Non si può parlare di contraffazione vera e propria, che è un fenomeno diverso e illegale, quanto di una strategia di evocazione di italianità come fattore di attrazione (e inganno) del consumatore. Anche perché i foodies, come vengono chiamati i consumatori internazionali più attenti alle tipicità enogastronomiche, spesso non hanno conoscenze e strumenti così approfondite da saper distinguere provenienza e caratteristiche dei prodotti davvero Made in Italy.
Sul fenomeno dell’Italian sounding si è soffermata la sesta edizione del Forum “La Roadmap del futuro per il Food&Beverage: quali evoluzioni e quali sfide per i prossimi anni” organizzato da The European House – Ambrosetti, quantificandone il valore, in collaborazione con Assocamerestero.
Se l’export del settore alimentare italiano è cresciuto nel 2021, superando la soglia dei 50 miliardi di euro e centrando per la prima volta un valore record finora mai raggiunto, la crescita è stata però ridotta rispetto ad altri settori e soprattutto largamente influenzata proprio dall’Italian sounding.
Nello specifico, ragù (61,4%), parmigiano (61,0%) e aceto balsamico (60,5%) sono i prodotti italiani più imitati nel mondo. Attraverso una ricerca che ha coinvolto oltre 250 retailer internazionali della Gdo di 10 Paesi diversi e i prodotti del Made in Italy agroalimentare più colpiti, si è rilevato addirittura come in Giappone (70,9%), seguito a brevissima distanza da Brasile (70,5%), e Germania (67,9%) la presenza di prodotti Italian Sounding sia maggiore rispetto a quelli realmente italiani.
Elaborando un moltiplicatore da utilizzare a livello globale, si può affermare che il fenomeno possa giungere ad un valore superiore ai 51 miliardi di euro. Se si sommasse questa cifra al dato reale di export, il settore agroalimentare italiano potrebbe raggiungere un giro di affari doppio rispetto all’attuale e superiore ai 100 miliardi di euro.