Rapporto Bes Istat: consumiamo meno frutta e verdura, i giovani sono più sedentari e preferiamo un turismo di prossimità
La nona edizione del Rapporto Istat sul Benessere equo e sostenibile (Bes) fornisce un quadro aggiornato del nostro benessere, analizzato nel corso degli ultimi due anni segnati in modo importante da pandemia e post pandemia. Sul versante degli stili alimentari più sani, il Rapporto documenta, per esempio, come nel 2021 sia stata pari al 17,6% la quota di popolazione di 3 anni e più che ha consumato giornalmente almeno 4 porzioni di frutta e/o verdura. Una quota non elevata che risulta anche in diminuzione di circa 1 punto percentuale rispetto all’anno precedente e che, soprattutto, resta su livelli
inferiori rispetto a quanto registrato nel periodo 2015-2018, quando gli italiani che consumavano frutta e verdura in modo soddisfacente erano circa il 20%.
“Quote più elevate di consumatori di almeno 4 porzioni di frutta e/o verdura giornaliere si osservano nelle regioni del Nord (20,0%) e del Centro (19,2%), rispetto al Mezzogiorno (13,5%). Mentre le donne confermano comportamenti più virtuosi rispetto agli uomini (19,9% contro 15,2%)”.
Sicuramente anche per le conseguenze della pandemia, nel 2021 “è pari al 32,5% la quota di persone sedentarie. Le donne presentano livelli di sedentarietà più elevati rispetto agli uomini (34,6% contro 30,3%), anche se nel tempo il gap di genere è andato riducendosi”. La sedentarietà aumenta al crescere dell’età: riguarda 2 persone su 10 tra gli adolescenti e i giovani fino a 24 anni e arriva a interessare quasi 7 persone su 10 tra la popolazione di 75 anni e più. Sono, però, soprattutto i giovanissimi di 14-19 a registrare “un aumento significativo della sedentarietà che è passata dal 18,6% al 20,9%. Un calo consistente nella proporzione delle persone sedentarie si è, invece, osservato nella popolazione adulta e in quella di di 75 e più anni (-4,3 punti percentuali)”.
La pandemia ha trasformato anche il benessere di una scampagnata o di un fine settimana nel verde. Le aziende agrituristiche, che formano un comparto importante dell’economia agricola con “oltre 25 mila unità (+2% sul 2019), in conseguenza delle limitazioni agli spostamenti imposte dalla pandemia ha fatto registrare una flessione consistente del movimento turistico (-41,3% rispetto al 2019)”. Ma, al contempo, ha creato una diversificazione nell’offerta dei servizi. “In particolare nel 2020 crescono le aziende che organizzano attività correlate al turismo di prossimità (degustazione +7,6%; equitazione +1,8%; escursioni +2,4%, trekking +5,8%; mountain bike +2,8%, corsi tematici +16,3%)”. Il numero delle aziende è in crescita in tutte le zone d’Italia, in particolare nel Nord-est (+3,5%), dove si registra anche un’elevata densità territoriale (11,5 aziende per 100 km2).
Cresce anche il numero dei siti iscritti nel Registro nazionale dei paesaggi rurali di interesse storico, delle pratiche agricole e delle conoscenze tradizionali, ovvero di quei territori e di quel sapere che da lunghissimo tempo sono rimasti inalterati e hanno conservato un’identità ben precisa. Nel 2021 ne sono stati iscritti cinque nuovi: due in Emilia-Romagna (La Corona di Matilde-Alto Reno terra di castagni e Praterie e canali irrigui della Val d’Enza), uno in Veneto (Colline terrazzate della Valpolicella), uno in Toscana (Paesaggio collinare policolturale di Pienza e Montepulciano) e uno in Molise (Il paesaggio del grano-Area cerealicola di Melanico). “Attualmente risultano iscritti nel Registro 27 paesaggi rurali storici in 12 regioni, per un’estensione complessiva di oltre 126 mila ettari, e quattro pratiche agricole tradizionali”.