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Olio, Cannonau e lentisco: il ruolo della dieta sardo-mediterranea per vivere a lungo e bene

16/12/2022
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Benessere

A Perdasdefogu, nel Nuorese, ormai è certificato, ci abita il maggior numero di centenari ancora in vita al mondo in proporzione al numero di residenti, uno ogni 222 abitanti. Nel 2012 il piccolo paese sardo era già finito nel libro dei record per la famiglia più longeva del mondo, quella dei Melis: 9 tra fratelli e sorelle che assieme totalizzavano 837 anni. Di questa incredibile famiglia è diventato celebre anche il minestrone, simbolo della loro longevità e preparato solo con gli ortaggi coltivati nell’orto di casa.

 

Perché l’alimentazione è sicuramente parte del segreto dei centenari sardi. C’entra sicuramente il Dna e c’entrano gli stili di vita in un perfetto mix tra genetica, rete sociale e i prodotti di una terra benedetta dalla natura. I cittadini dell’Ogliastra, zona centro-orientale della Sardegna, hanno infatti ingaggiato una lunga battaglia giuridica per blindare il loro patrimonio genetico, ovvero le informazioni della famosa Banca dei centenari, che era stata venduta all’asta e rischiava di finire in mano a una company privata britannica. Oggi, ha spiegato all’Adnkronos Salute Flavio Cabitza, presidente dell’Associazione per la tutela dell’identità ogliastrina e della Barbagia di Seulo, siamo noi i custodi del nostro sangue e vogliamo iniziare a studiarlo.

 

Missione: esportare la longevità. Almeno la componente che può essere condivisa, finendo sulle tavole di chi vive fuori dai confini sardi.

 

Intanto, l’associazione lavora a progetti di studio. Uno in cantiere, che potrebbe a brevissimo essere varato, verrebbe condotto con l’università di Cagliari. L’idea è di andare a studiare – su campioni che verrebbero presi negli ossari del territorio – i batteri orali e il microbioma dei centenari e poi testare in laboratorio quanto raccolto con vari alimenti dell’area. Un’area ricca di prodotti: “Olio, vino Cannonau, ma penso anche alle pere di San Giovanni, che nascono sui campi non coltivati, ed è stato osservato che hanno capacità antistress per le cellule di bocca e gengive e mantengono i batteri in equilibrio. C’è poi il lentisco, pianta sempreverde con le bacche rosse, che è un antibatterico per eccellenza per il cavo orale. I nostri antichi queste cose le sapevano già, per esempio quando avevano mal di denti masticavano il lentisco. Noi vogliamo una validazione scientifica”.

 

“Se l’alimentazione sarda ottenesse questo bollino blu, venendo correlata alla longevità vorremmo che anche chi non vive in Sardegna potesse beneficiarne. Mangiando sardo anche a Milano, per dire. Ha fatto qualcosa di simile anche un’altra Blue Zone, l’isola di Okinawa in Giappone: uno studio pubblicato su riviste scientifiche specializzate ha dimostrato nei topi che le patate dolci allungavano la vita” dei modelli animali osservati. “Noi vogliamo arrivare a questo traguardo. Il nostro sangue, il nostro Dna, devono servire per dimostrare il ruolo della dieta sardo-mediterranea nella longevità, il suo valore”.

 

Per il progetto che si concentra sui batteri orali e sul microbioma si metterebbero in campo “circa 100mila euro”. Sono una parte “dell’unico finanziamento di 200mila euro ottenuto finora dallo Stato nell’ultima manovra finanziaria”, spiega Cabitza. Perché per questo patrimonio unico al mondo il problema adesso sono i fondi. Messa insieme da SharDna, l’azienda che poi è fallita, “la nostra banca dati ha i campioni biologici e le informazioni su malattie, regime alimentare e altri dati importanti. E ha anche l’albero genealogico fino al 1540 di ogni ogliastrino che ha donato il sangue, in tutto 11.700 persone, distribuite in dieci paesi. In una zona in cui l’aspettativa di vita per l’uomo e la donna sono identiche. I ricercatori che volessero avviare studi avrebbero quindi a disposizione una miniera preziosa”.