Che l’acqua sia uno degli elementi fondamentali per la cucina è una evidenza così quotidiana che quasi la sottovalutiamo. L’“invisibilità dell’evidenza” la chiamava Edgar Allan Poe, in uno dei gialli con cui ha scritto la storia del genere: ciò che ci sta davanti è proprio quello che vediamo di meno e siamo portati a sottovalutare. E l’acqua, così preziosa, così essenziale per la vita, lo è anche nella nostra gastronomia: bolliti, pastasciutta, stracotti, e ancora zuppe, brodi, marinature, bagnomaria, cottura al vapore, niente di tutto questo esisterebbe senza l’impiego dell’acqua in cucina.
Una presenza da protagonista che oggi viene sottolineata da una tendenza sempre più diffusa nel suo riunire intuizioni e suggestioni di grandi chef stellati con tradizioni popolari, magari povere, ma attente alla sostanza, cioè al sapore buono e gratificante della ricetta: stiamo parlando dell’impiego di acqua del mare in luogo dell’acqua dolce a cui aggiungere il sale.
L’uso dell’acqua marina a scopi alimentari affonda le sue radici nella storia dell’umanità. I primi a farne un metodo sono stati i Fenici che, da grandi navigatori quali erano, conoscevano l’importanza della conservazione dell’acqua dolce da bere, imparando così a far ricorso alle distese marine che percorrevano per cucinare. Un’abitudine e una sapienza che sono diventate un po’ il tratto caratteristico di tutti i marinai e i pescatori, come dimostrano molti piatti tipici del nostro Meridione.
Oggi sappiamo che l’acqua di mare conferisce sapidità ai piatti con un contenuto inferiore di cloruro di sodio rispetto al sale da cucina, circa il 13% in meno, a tutto vantaggio del nostro benessere. Rispetto a quella dolce, inoltre, l’acqua di mare contiene 92 elementi della tavola di Mendeleev, cioè quasi tutti quelli presenti in natura, risultando particolarmente ricca di microelementi preziosi per la salute come calcio, magnesio, zinco, ferro e iodio.
Ricordiamo però che se ci si volesse cimentare con l’uso alimentare dell’acqua marina, diventato un vero e proprio trend tra gli chef stellati, dopo il recupero della tradizione grazie allo spagnolo Ferran Adrià, occorre sempre impiegare acqua di mare microfiltrata confezionata.
Non solo perché nel nostro paese è proibito prelevare l’acqua di mare, per ragioni storicamente legate al monopolio statale del sale, ma anche perché oggi la presenza di batteri, residui di carburante, microplastiche ed altre sostanze potenzialmente nocive ne rende davvero pericoloso l’uso a scopo alimentare. Per questo, solo la sua depurazione può garantire l’eliminazione di tutte le eventuali presenze contaminanti indesiderate.
In cucina, il primo impiego a cui corrono il pensiero e la tradizione è proprio quello per realizzare ricette di mare: è infatti ottima per cuocere polpi e seppie, per preparare zuppe e sughi di pesce, risotti e fumetti. Senza dimenticare pietanze semplici ma gustosissime, come il pesce all’acqua pazza, con l’acqua di mare microfiltrata mescolata (“impazzita”) col vino bianco, o le freselle all’acquasale, in cui pomodorini, cetrioli, cipolle (da provare le Cipolle bio della linea Ohi Vita), e olio evo di qualità, incontrano la sapidità profumata dell’acqua di mare impiegata per ammorbidire quelle che venivano anche chiamate il “pane del marinaio”.
Meno scontato, ma altrettanto felice e ricco di sorprese è l’uso “innovativo” dell’acqua di mare anche in preparazioni che tradizionalmente non lo prevedevano: per esempio per cuocere pasta e riso, per lessare le patate ed altri ortaggi, oppure per preparare pizze e pane, per marinare carni e preparare salamoie, o ancora da nebulizzare su insalate e verdure alla griglia.
La creatività in cucina ha insomma trovato un altro ingrediente per sperimentare impieghi e accostamenti inediti o reinterpretare le tradizioni popolari più radicate. E si tratta anche di un impiego all’insegna della sostenibilità ambientale, perché consente di risparmiare acqua dolce, una risorsa da gestire in modo sempre più attento e responsabile.