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Tempo di castagne, un tesoro del bosco che racconta il gusto delle nostre tradizioni

02/11/2023
copywriter-ohi-vita
Benessere

Camminando tra gli alberi, lasciandosi sorprendere dal variopinto foliage che scricchiola a ogni passo, è evidente che il bosco in questa stagione dà il meglio di sé, sia esteticamente sia perché regala alcuni tra gli alimenti più preziosi dell’autunno. Sotto i maestosi Castanea Sativa è, ad esempio, pieno di ricci, quei piccoli scrigni spinosi che un volta a maturazione si staccano dai rami e si schiudono rivelando il loro prelibato frutto: la castagna. La sola idea delle castagne, arrostite agli angoli delle strade o nel tepore del focolare domestico, è di per sé un pensiero che riscalda.

 

Pianta mellifera di origine antichissima (pare sia sopravvissuta all’ultima grande glaciazione, diecimila anni fa), si hanno testimonianze della presenza del castagno in tutto il bacino del Mediterraneo e dei suoi numerosi benefici già nell’antica Grecia. La diffusione in Italia comincia presumibilmente dalle Alpi Apuane, in Toscana, e non è un caso che questo sia un frutto che proviene dalle zone di montagna, dove il clima e le attività richiedono un gran dispendio di energia e si ha necessità di alimenti nutrienti e calorici. È infatti ricco, saziante e rinvigorente, in grado di fornire energia e vitalità.

 

Con una percentuale di acqua che vale circa la metà del suo peso, una consistenza farinosa e amidacea, la castagna porta con sé un alto contenuto di sali minerali (fosforo, magnesio, potassio, calcio) che contribuiscono al buon funzionamento dell’organismo. E contengono preziose vitamine (A, B, C, D), oltre a fornire un buon apporto di fibre che hanno effetti benefici sulla microflora intestinale.

Dal punto di vista gastronomico, bisogna innanzitutto fare una distinzione tra castagna e marrone: la prima è il frutto selvatico, solitamente di medio-piccole dimensioni, schiacciato su un lato, dalla buccia resistente di colore bruno scuro e pellicola interna ben aderente alla polpa. I marroni invece sono un frutto selezionato per la coltivazione, quindi più grossi, pregiati e ricercati. Presentano una forma a cuore, buccia marrone più chiaro con striature e polpa che si stacca facilmente dalla pellicola interna. Sono entrambi molto saporiti, di grado zuccherino più o meno elevato.

 

In passato alimento base delle classi meno agiate, che ne usavano la farina in alternativa alla più costosa versione di grano per preparare minestre, polenta e pane ((il castagno veniva chiamato “albero del pane”, tanto era fondamentale per il sostentamento delle genti di montagna),

 

la castagna viene consumata fresca, secca, candita, lessata, arrostita, sciroppata, brasata, in crema al posto delle confetture, per farce e guarnizioni di alta pasticceria e per quant’altro la fantasia sappia creare.

 

La versatilità di impiego di castagne e marroni è ampia e spazia da preparazioni più semplici e rustiche – come zuppe, focacce (notissimo il castagnaccio, con pinoli, uvetta e rosmarino), frittelle, tortelli e budini – a piatti più complessi e raffinati propri della cucina classica, per i quali perlopiù si utilizzano i marroni: in versione dolce (Montblanc, meringate, bavaresi, marron glacés) o salata, come contorno di grandi piatti di cacciagione o ripieno di arrosti.

 

In Italia ben tredici varietà di castagne e marroni hanno ricevuto la denominazione Dop (castagna di Vallerano, marrone di Caprese Michelangelo, marrone di San Zeno) e Igp (marrone del Mugello, di Castel del Rio, di Roccadaspide, di Serino, di Cuneo, della Val di Susa, del Monte Amiata, di Combai, del Monfenera, castagna di Montella): non rimane che provare ad assaggiarne la maggior parte.