Prodotti tipici, genuini e a Km zero: la sostenibilità fa la differenza anche nel menu del ristorante
È proprio il caso di dire che la sensibilità verso l’ambiente e la sua tutela vuole andare anche in vacanza. Perché quando scegliamo dove spendere quel 30% abbondante del nostro budget turistico in cibo (più di 15 miliardi di euro nell’estate 2023), tra i fattori che incidono sulla scelta di ristoranti, locali e bar ci sono anche quelli legati alla loro sostenibilità.
Una recente ricerca condotta da TheFork, la piattaforma leader di prenotazione di ristoranti, ha difatti messo in evidenza come
il fatto che un locale adotti pratiche sostenibili influenzi oltre la metà degli intervistati (56%), con l’83% che dichiara di porre particolare attenzione alla provenienza delle materie prime, che siano di stagione, a Km zero, di propria produzione, di origine equa e solidale o certificata biologica, mentre il 44% ritiene fondamentale il recupero e il riutilizzo del cibo avanzato.
La ricerca di benessere, di genuinità e di complessiva riduzione dell’impatto ambientale del nostro stile alimentare, che sempre di più struttura le scelte del consumo domestico, sta diventando cruciale anche nei consumi del food & beverage fuori casa. Ma nel settore della ristorazione quali sono le caratteristiche che identificano la sostenibilità?
Sicuramente il primo è quello relativo al contrasto agli sprechi alimentari in tutte le forme che questi possono assumere. Scegliere ingredienti che provengono da agricoltura sostenibile, prodotti riducendo al minimo l’impiego di sostanze chimiche, con una filiera corta e in accordo con la stagionalità delle produzioni; impiegare materiali eco-friendly e riciclabili, dalle stoviglie agli elementi di arredo; proporre menù adatti a tutti (vegetariani e vegani, senza glutine ecc.); promuovere le buone pratiche anti-spreco come la family bag per portare a casa ciò che non si è mangiato: sono queste solo alcune delle indicazioni che gli esperti dell’Università Cattolica di Piacenza hanno messo a punto nel Piano anti-sprechi che definisce la sostenibilità del vastissimo settore della ristorazione nel nostro paese.
Uno dei pilastri risiede dunque nella pianificazione dell’approvvigionamento da parte del ristoratore, che deve essere attento all’efficienza e alla qualità della proposta. E questo il più delle volte coincide con la valorizzazione della sua tipicità.
Ecco che la ristorazione sostenibile incrocia i temi del turismo sostenibile, diventandone una dei protagonisti nel momento in cui la scoperta dei luoghi può prendere il sapore delle loro produzioni locali e delle ricette più tradizionali. Così come vale il contrario: menu e piatti studiati per dare valore a specialità enogastronomiche locali rappresentano degli ottimi ambasciatori della identità dei luoghi e della loro storia, facendoli conoscere meglio a chi viaggia e li visita.
Certo è che adottando comportamenti sostenibili, secondo una ricerca che l’Ateneo piacentino ha pubblicato sulla rivista Science of the Total Environment, il settore della ristorazione può impegnarsi attivamente nel raggiungimento di almeno il 70% degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 dell’Onu. E se l’attività di ristorazione è responsabile di circa 110.201 kg di CO2 l’anno, il suo impatto ambientale potrebbe essere ridotto al 30% con adeguati standard di gestione.
D’altra parte, nel post pandemia, più dell’80% dei ristoratori italiani ha voluto adottare soluzioni più rispettose dell’ambiente nella gestione della propria attività: per il 67% la spinta è stata la maggiore qualità dei prodotti, con una crescente apertura verso la proposta biologica, mentre il 44% lo fa anche per ragioni di natura etica e di promozione delle filiere produttive locali, con una ricaduta positiva sull’intera comunità (sondaggio TheFork).
Per questo il Manifesto della Ristorazione, sottoscritto nell’aprile scorso con la partecipazione convinta delle numerose associazioni che rappresentano il settore a vari livelli, dall’Associazione Italiana Ambasciatori del Gusto all’Associazione Professionale Cuochi Italiani (APCI), dalla Federazione Italiana Cuochi (FIC), Jeunes Restaurateurs d’Europe (JRE), passando per Slow Food, Unione Ristoranti del Buon Ricordo, Charming Italian Chef ed Euro-Toques Italia, ha messo tra i suoi pilastri la promozione della sostenibilità oltre che della innovazione, della sicurezza e della legalità. Perché l’eccellenza della cucina italiana, candidata a diventare Patrimonio Unesco, passa proprio da qui. Anche in vacanza.