L’obiettivo è sempre il benessere e non la linea: ogni 6 maggio il No Diet Day ce lo ricorda
La dieta è parte di uno stile di vita orientato al raggiungimento di uno stato di benessere psico-fisico, e non una restrizione forzata per rincorrere canoni estetici, magari non compatibili con la propria costituzione naturale. È per ribadire questo messaggio, semplice ma purtroppo spesso lasciato sullo sfondo, che a partire dal 1992 ogni 6 maggio si celebra l’International No Diet Day.
Istituita nel Regno Unito per iniziativa di Mary Evans Young, femminista inglese e direttrice del gruppo “Diet Breakers”, la giornata ha l’obiettivo di mettere in guardia verso l’ossessione del peso forma che può condurre a scelte drastiche, mortificanti e malsane, o ribaltarsi nel suo contrario generando quell’insieme di disturbi del comportamento alimentare che oggi, tra anoressia, bulimia e binge eating (abbuffata incontrollata) interessano, guardando solo all’Italia, circa 3 milioni di persone.
Mentre, come altra faccia della medaglia, quasi un italiano maggiorenne su due (circa 25 milioni di persone) risulta in sovrappeso o obeso. In questo quadro, gli eventi pandemici hanno purtroppo determinato un generale aggravamento della situazione, soprattutto nelle fasce di età più giovani, di età compresa tra i 12 e i 18 anni. Gli esperti stimano che le reali proporzioni degli effetti della pandemia si potranno valutare soltanto dal 2024.
A partire dalla sua dolorosa storia personale, Mary Evans Young ha deciso di attivarsi lanciando un messaggio chiaro a favore del body positivity. Non dimentichiamo che il Body Positive Movement viene fondato proprio negli anni ’90 da altre due ragazze, Connie Sobczak ed Elizabeth Scott, anche per contrastare l’ossessione per la magrezza e la “stigmatizzazione” dei corpi non conformi ai canoni estetici imperanti. Accettare il proprio corpo, conoscerne le esigenze, imparare ad amarlo per come è, alimentarsi ogni giorno variando i cibi e senza imporsi privazioni dannose per la salute: il No Diet Day, più che il giorno della trasgressione a tavola, si propone di ricordare l’importanza della consapevolezza nelle proprie scelte alimentari, sul piano individuale ma anche sociale, per ribellarsi alla cosiddetta “diet culture”.
”Ho deciso di passare all’azione – spiega Young in uno dei suoi libri – dopo aver visto un programma televisivo in cui delle donne si sottoponevamo a interventi chirurgici per ridurre il peso, e dopo aver saputo che una ragazza di 15 anni si era suicidata perché la prendevano in giro perché grassa”.
In breve tempo, la giornata si è affermata in Usa, Canada e Australia per diventare in tutto il mondo un appuntamento prezioso per incoraggiare gli individui ad avere stili di vita salutari senza preoccuparsi di taglie o magrezza.
Un contributo concreto per arginare la crescente diffusione dei disturbi alimentari. Perché se è vero che si tratta di “patologie multifattoriali”, in cui possono incidere fattori ereditari così come eventi traumatici, è pur vero che i fattori socio-culturali e la pressione derivante dalla diffusione di criteri quasi “artificiali” possono giocare un ruolo altrettanto decisivo.
Il 6 maggio può così rivelarsi utile per capire che invece basta poco per prendersi cura di sé e sentirsi (e apparire) in forma: bere una bibita zuccherata in meno al giorno consente per esempio di ridurre del 30% il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2, oppure alzarsi anche per soli due minuti ogni ora diventa una abitudine salutare per chi svolge un lavoro sedentario.