Peperoncino piccante: tante le eccellenze italiane ma ne consumiamo ben più di quanto riusciamo a produrne
Il peperoncino piccante appartiene alla famiglia delle Solanacee, un grande insieme di oltre 2.200 specie che comprende anche piante come la patata, il pomodoro e la melanzana, parte dell’alimentazione quotidiana. Alla base di tantissime ricette tipiche della nostra cucina, il peperoncino è un grande protagonista della tradizione agroalimentare italiana: già conosciuto in Messico oltre 9mila anni fa, arriva in Europa con Cristoforo Colombo dopo la scoperta dell’America. Ed entra a fare parte delle ricette regionali del nostro Paese: in Italia ne consumiamo infatti 700mila quintali all’anno secondo Coldiretti, il 70% del quale viene però importato dall’Asia.
Da Cia sottolineano che attualmente la superficie mondiale investita a peperoncino è pari a circa 2 milioni di ettari e una produzione di circa 3 milioni di tonnellate. I principali paesi produttori di peperoncino al mondo con il maggior numero di ettari coltivati sono l’India (800.000 ettari), l’Etiopia (440.000 ettari); il Myanmar (133.000 ettari), seguiti da Bangladesh, Thailandia, Pakistan e Vietnam, mentre in Europa il principale paese è la Romania (56.000 ettari). E in Italia? Purtroppo, ricordano da Cia, la coltivazione del peperoncino nel nostro Paese ha goduto in passato di scarsa attenzione, identificato come sottospecie del peperone e considerato come spezia e non prodotto agricolo a tutti gli effetti. Questo l’ha spesso confinato alla passione degli hobbisti negli orti o nelle terrazze condominiali, per il solo consumo familiare.
La richiesta nazionale di peperoncino è così alta che la produzione italiana, concentrata nelle regioni della Calabria, Basilicata, Puglia, Lazio, Sicilia e Abruzzo, non soddisfa la domanda interna. Anche se Pietro Serra, presidente del Consorzio dei produttori del peperoncino di Calabria, spiega che: “La campagna del peperoncino calabrese quest’anno è andata bene, anche se la prima parte della stagione è stata segnata da una forte siccità che ha portato a un calo di produzione. Quel che è certo è che il peperoncino non è stato toccato dalla crisi economica che ha coinvolto altri settori in Italia. Il peperoncino calabrese è infatti in continua crescita sia sui mercati italiani che su quelli europei. E oggi come Consorzio non abbiamo un grammo di peperoncino disponibile e invenduto in sede. È stato tutto prenotato e venduto”.
“Quest’anno – continua Serra – il nostro consorzio ha prodotto peperoncino su 47-48 ettari, sparsi su tutto il territorio regionale. Sembrano numeri piccoli, ma in realtà sono grandi numeri perché è un ortaggio periodico, il tutto si completa in 4 mesi. La produzione di peperoncino è impegnativa, si arriva a 10mila quintali annui. Questi sono i numeri delle nostre aziende consorziate”.
Ma la produzione calabrese di peperoncino non si esaurisce qui: “C’è una grossa parte di aziende e di cittadini calabresi che lo producono in modo amatoriale. In Calabria tutti hanno una pianta di peperoncino”.
La strada per fare crescere sempre più sui mercati il peperoncino calabrese passa dal riconoscimento dell’Igp: “Abbiamo chiesto come Consorzio il riconoscimento Igp. La pratica è stata presentata e inoltrata da Regione Calabria e Ministero a Bruxelles a novembre 2022, i tempi tecnici solitamente sono di 24 mesi”. Le caratteristiche principali del peperoncino calabrese consistono sostanzialmente in due fattori: i sentori unici che il prodotto riesce garantire e la sua piccantezza. Tutto ciò dipende dal microclima e dalle caratteristiche orografiche della Calabria. Il peperoncino è il simbolo della cucina calabrese ed è il terzo elemento più usato in cucina dopo sale e zucchero.