Uva, lenticchie, mandarini e frutta secca: tutti gli alimenti delle feste che portano fortuna per l’anno nuovo

Il periodo delle festività natalizie e il passaggio da un anno all’altro sono da sempre momenti carichi di simbologia, non solo in ambito religioso. Momenti che vengono celebrati, secondo le più varie tradizioni, compiendo rituali di buon auspicio e prosperità.

 

In Italia, in particolare, patria del cibo e della buona cucina per antonomasia, tradizionalmente molti di questi rituali sono legati alla sfera gastronomica. Perché se il mangiare bene già di per sé è uno dei massimi piaceri della vita, attribuirgli significati positivi e ben auguranti lo rende ancora più gustoso. Portare in tavola alimenti portafortuna durante i pranzi e le cene di questo periodo di festa aiuta ad arricchire l’atmosfera di allegria, relax e speranza nel futuro.

 

Al primo posto, quasi scontato dirlo, ecco le prelibate ed energizzanti lenticchie, alimento dalle molteplici proprietà nutrizionali. Considerate portafortuna fin dai tempi degli antichi romani, che erano soliti regalare una “scarsella” (sacchettino di cuoio portamonete da appendere alla cintola o al collo), con l’augurio che i legumi, già simili nella forma a piccole monete, potessero trasformarsi in denaro reale.

 

Le lenticchie si possono proporre in tanti modi, ma si servono, tradizionalmente, con altri due alimenti portafortuna: il riso e il maiale sotto forma di cotechino o zampone.

 

  • Il riso, da sempre e in tante culture simbolo di abbondanza, purezza e fertilità (basti pensare che si tira ai novelli sposi come buon augurio), estremamente versatile e reperibile in un gran numero di varietà, differenti per gusto e modalità di cottura, può essere impiegato per tantissime preparazioni, dall’antipasto al dolce.

 

  • Il maiale, animale che mangia di tutto e del quale “non si butta via nulla”, simbolo di abbondanza e ricchezza (non a caso il classico salvadanaio è proprio a forma di maialino), compare sulle tavole delle feste in varie forme, dal salame al ripieno di tortellini e cappelletti agli arrosti, ma la classica portata di Natale e Capodanno che lo vede protagonista sono cotechino e zampone, spesso accompagnati appunto da lenticchie.

 

Entrambi simbolo di progresso, fortuna e fertilità, la differenza tra questi due insaccati cotti a base di carne di maiale impastata e insaporita con spezie e aromi è nell’involucro: il cotechino viene avvolto nel budello, lo zampone – come dice la parola – nella zampa anteriore dell’animale.

 

  • Il peperoncino, scacciaguai per eccellenza già ai tempi dell’antica civiltà inca sudamericana, è considerato di buon auspicio anche al di là del notissimo folklore partenopeo. Pare che il simbolismo legato a virilità e fecondità del peperoncino derivi dal fatto di assomigliare nella forma alle corna degli animali appese agli ingressi delle case o indossati sui copricapi per fare sfoggio dei trionfi venatori. Oltre che dalle sue rinomate proprietà afrodisiache, antinfiammatorie, analgesiche e termogeniche derivate della capsaicina, l’alcaloide che determina la piccantezza di queste bacche.

 

  • La melagrana, con i suoi dolci e saporiti chicchi rossi (da ricordare che il rosso è, tra l’altro, il colore associato alla notte di San Silvestro), è simbolo di fortuna e di abbondanza. Pianta sacra a Giunone, dea protettrice dei matrimoni fecondi, e a Venere, dea della bellezza, dell’amore, della fecondità e della natura, il suo frutto si può consumare sotto forma di estratto da bere, molto salutare, in un’insalata benaugurale con songino, chicchi di melograno, noci e arancia, o per arricchire e conferire note di gusto e di colore a primi, secondi e dessert.

 

  • I mandarini, succosi e prelibati, per il Feng Shui, antichissima disciplina del taoismo cinese volta al benessere armonico tra uomo e ambiente, grazie alla loro forma sferica richiamano i principi dell’infinito e dell’eternità. Gli agrumi in generale sono da sempre considerati portafortuna, simbolo di successo, prosperità e lunga vita.

 

  • L’uva è un frutto consumato per tradizione allo scoccare della mezzanotte tra il 31 dicembre e il 1° gennaio, come auspicio di buona fortuna e ricchezza per il nuovo anno. C’è anche un detto, che recita “Chi mangia uva per Capodanno conta i quattrini tutto l’anno”: tradizione vuole che se ne mangino 12 acini, uno per ogni mese dell’anno che sta cominciando.

 

  • Frutta a guscio (noci, mandorle, nocciole eccetera), datteri e fichi secchi sono alimenti propiziatori fin dall’antica Roma: per usufruire dei loro poteri scaramantici se ne raccomanda il consumo di sette varietà differenti. Un’altra usanza non mangereccia ma molto diffusa come portafortuna è quella di tenere in tasca o nella borsa una castagna matta: un amuleto da portarsi sempre dietro. Non manca, ora, che augurare un anno positivo e prospero per tutti, pieno di salute, ricchezza e serenità.

Quelle palline avvolte di miele e di colorati diavulilli che fanno Natale: ecco gli struffoli

Dolci natalizi d’eccellenza principalmente napoletani, gli struffoli hanno la forma di piccole palline gustosissime, fritte e condite con il miele, che spesso vengono ammonticchiate in forma di cupola o di ciambella. Oltre che profumate di agrumi e inondate di quegli zuccherini misti che forse per la loro natura ribelle vengono chiamati diavulilli.

 

Un vero tripudio per gli occhi con il gusto unico delle tradizioni ma anche una ricetta meno complicata di quello che può sembrare: il fattore decisivo di queste palline è che siano preparate di ridotte dimensioni perché durante la frittura tendono a gonfiarsi e ad aumentare di volume. E perché più piccole sono più miele e dolcezza portano con sé.

Alcune tradizioni riportano che il nome di struffolo derivi dal greco strongoulos, ovvero arrotondato. Ma non manca anche la relazione tra il nome e il semplice gesto dello strofinare che si compie mentre si prepara l’impasto che va arrotolato in sottili e lunghi cilindri. Vero sicuramente è che, come tanti altri dolci tipici regionali del nostro Paese, sono stati i conventi a decretarne la diffusione, soprattutto come omaggio alle famiglie che nel corso dell’anno avevano partecipato attivamente alla vita di comunità e alle donazioni.

 

Queste piccole e dorate palline, insomma, diventano croccanti con una sapiente frittura in olio bollente e poi disposte nelle forme tradizionali o, comunque, secondo il gusto delle famiglie che le preparano. L’importante è abbondare con il miele che occorre per irrorarle di dolcezza. E con gli incredibili diavulilli, quei confettini colorati che rendono questo dolce perfetto per le feste di Natale.

 

E, in più portano fortuna. Come diversi altri cibi della tradizione, infatti, gli struffoli non possono mancare anche per questo durante i giorni di festa, in particolare la sera di Capodanno. E, se avanzano, hanno comunque una conservazione piuttosto lunga: anche se si decide di prepararli in abbondanza prima di Natale, durano tutte le feste.

Struffoli di Natale

(ingredienti per 4 persone)

400 g farina

4 Uova fresche grandi bio Ohi Vita

400 gr di miele millefiori

2 cucchiai di liquore all’anice

2 cucchiai di zucchero

1 arancia e 1 limone non trattati (la scorza)

Olio d’arachidi per friggere

50 gr di burro

Sale

150 gr di canditi assortiti

100 gr di diavulilli (o mompariglia, o zuccherini colorati)

 

Procedimento

Unire in una ciotola farina, burro e zucchero. Mescolare con cura.

Aggiungere le uova, la scorza di limone e quella di arancia pulite e tagliate a scorzette senza la parte bianca.

Aggiungere anche l’anice e un pizzico di sale prima di impastare con cura.

Tagliare delle parti dell’impasto per ricavare dei cilindri lunghi e spessi circa un centimetro. Tagliarli a piccoli pezzi e dare la forma di palline con il palmo della mano.

Scaldare l’olio in una ampia padella e friggere le palline. Quando sono dorate, scolarle con una schiumarola e porre su carta assorbente.

Quando sono asciutti, riporre gli struffoli su un piatto e irrorarli con il miele, avendo cura di finire decorando con canditi e diavulilli.

Da solo o come base per le preparazioni delle feste, l’uovo è buono e fa bene

È nato prima l’uovo o la gallina? Oggi abbiamo la risposta a questo eterno dilemma: l’uovo esiste da ben prima della comparsa degli uccelli. Le prime uova al mondo risalgono infatti alla specie dei rettili, vissuti circa 350 milioni di anni fa mentre le prime tracce di uova di uccello risalgono a circa 200 milioni di anni fa.

 

Senza dimenticare che l’uso dell’uovo in cucina risale a tempi antichi: già gli Egizi erano soliti nutrirsi delle uova dei volatili da cortile. Allo stesso modo, anche la scoperta che le uova siano importanti per la salute del nostro organismo lo scopriamo molto presto. Secondo il padre della medicina occidentale Galeno, vissuto nel Secondo secolo d.C, un uovo non deve mai mancare nella dieta, soprattutto degli anziani. Le uova sode erano, infatti, uno degli alimenti tradizionali nell’Antica Roma e venivano servite come antipasto.

 

Ricche di proteine nobili, ideali per tantissime ricette della tradizione e non solo, le Uova fresche grandi biologiche Ohi Vita sono al 100% italiane, con filiera certificata e da galline allevate a terra, senza l’uso di antibiotici.

 

Le uova rispondono alle esigenze di un consumatore consapevole e attento alla salvaguardia del benessere ambientale, dell’uomo e degli animali. Rappresentano una importante fonte di proteine nobili perché contengono tutti gli aminoacidi essenziali alla nostra salute, ovvero quei mattoncini delle nostre cellule che non siamo in grado di auto produrre. Inoltre, sono fonte di vitamine, principalmente vitamina A e vitamina B.

 

In particolare, le Uova fresche grandi biologiche Ohi Vita sono sane e in grado di sviluppare tutte le loro migliori proprietà nutritive. La loro provenienza certificata e tracciata racconta una delle migliori tradizioni del saper fare italiano. L’Emilia-Romagna conserva e rinnova, infatti, un’antica tradizione di qualità nell’allevamento avicolo e nella gestione dei centri di imballaggio per le uova. Un saper fare che ritroviamo a partire dalla cura delle galline allevate a terra, senza l’uso di antibiotici, nutrite con mangimi di provenienza biologica a certificare un controllo continuo, scrupoloso ed accurato lungo tutta la filiera produttiva.

 

La domanda globale di pollame e uova è in continua crescita per le proteine ad alto valore biologico che riescono ad offrire a costi accessibili. Su questa domanda crescente si gioca la sfida della sostenibilità ambientale degli allevamenti. Le migliori pratiche di allevamento e di produzione in avicoltura rispondono per questo all’esigenza di allinearsi ai più alti standard igienico-sanitari, ambientali e di rispetto del benessere animale. Lo scrupoloso controllo di filiera garantisce la produzione di un alimento sicuro, etico e sostenibile scelto da un consumatore sempre più attento a valori come la sostenibilità ambientale e il benessere animale. Le uova Ohi Vita sono deposte da galline allevate all’aperto e alimentate con mangimi biologici. Sono anche 100% italiane. Il disciplinare biologico  prevede che le galline possano uscire all’aperto e raccogliere anche insetti e vermi nel terreno e il loro mangime, rigorosamente privo di OGM, deve essere prodotto secondo il disciplinare bio. Lo stretto regime di tracciabilità a cui sono sottoposte le uova Ohi Vita garantisce la loro provenienza e aiuta il consumatore a operare una scelta consapevole.

Come allestire un piccolo spuntino per Babbo Natale e le sue renne volanti la notte di Natale

Santa Claus Is Coming to Town (Babbo Natale sta arrivando in città) è una tradizionale canzone natalizia statunitense composta nel 1932. E Babbo Natale sta per arrivare davvero, con tutti i regali. Durante il resto dell’anno, lui e i suoi aiutanti elfi lavorano duramente perché la notte della vigilia sia tutto pronto per il lungo viaggio che intraprendono Babbo Natale e le sue fidate renne per portare i doni a tutti i bambini.

 

E così è, ogni anno: Babbo Natale con Fulmine, Ballerina, Donnola, Freccia, Cometa, Cupido, Saltarello, Lampo, questi sono i nomi (italianizzati) che ha dato alle prime otto renne volanti Clement Clarke Moore nella poesia La notte prima di Natale del 1823. Per non parlare di Rodolfo – la renna con il naso rosso che illumina la via tra le stelle dove deve passare la slitta, creata invece da Robert L. May nel 1939 nel libro Rudolph la renna dal naso rosso. Ecco, tutte e 9 partono con Babbo Natale dal loro paese in Lapponia (o al Polo Nord, a seconda della tradizione) per solcare il cielo con la slitta carica di doni.

 

È un viaggio che fanno volentieri, perché sanno che tutti i bambini saranno felici di vedere che sono passati da casa loro, ma è importante ricordare di lasciare loro qualcosa di buono e nutriente che possa ritemprarli mentre vanno di casa in casa e supportarli durante questa notte di duro lavoro. È un modo per ringraziarli che sicuramente apprezzeranno molto, anzi, se lo aspettano proprio: è tradizione lasciare uno spuntino per Babbo Natale e le sue renne e sarebbe un peccato deluderli (non si sa mai che si offendano e l’anno prossimo non vengano!).

 

Ma che cosa preparare? Babbo Natale gradisce qualcosa di caldo da sorseggiare, come un bicchiere di latte (magari di avena, che piace anche alle renne) o una cioccolata calda e qualche biscotto, o una fetta di pandoro o panettone, ma anche frutta fresca di stagione, come mandarini, uva, mele o pere.

 

Le renne, invece, vanno matte per avena e carote, che amano sgranocchiare da crude, ma anche per erba, pane secco, muschio, foglie di betulla, noci e semi, che sono molto energetici. Ovviamente hanno bisogno di abbeverarsi, quindi è importante ricordarsi di lasciare loro anche dell’acqua o del latte di avena, di cui, come detto, sono ghiotte.

 

Babbo Natale e le renne hanno bisogno di energia e sono molto riconoscenti di avere pensato a loro, ma è meglio non eccedere con le porzioni, altrimenti rischiano di essere troppo appesantiti. Anche perché il viaggio sarà anche lungo e faticoso ma non bisogna dimenticare che andando in tutte le case ricevono ovunque cibo e attenzioni. Meglio, quindi, lasciare un contenitore in modo che possano portarsi via ciò che avete preparato per i mesi freddi dell’inverno: proprio così, anche Babbo Natale e le renne sono contro lo spreco alimentare.

 

E dove lasciare questi spuntini? Babbo Natale e le renne arrivano di notte, mentre tutti dormono, quindi bisogna ricordarsi, dopo aver preparato lo spuntino, di metterlo dove lo possano trovare facilmente. Tradizione vuole che storicamente entrino nelle case attraverso i caminetti, ma se in casa non c’è il camino non bisogna preoccuparsi, trovano sicuramente il modo di entrare: sono magici, d’altronde! Biscotti e altro si possono lasciare fuori dalla porta, sul davanzale di una finestra, sotto l’albero di Natale o su un tavolo vicino all’albero sotto cui depositano i regali, bene in vista perché non hanno molto tempo di cercarlo, la loro slitta deve ripartire in fretta!

Il pieno di frutta e verdura anche a Natale, per festeggiare con gusto e benessere

Le festività natalizie, si sa, sono un susseguirsi continuo di pranzi e cene in compagnia – in famiglia, tra amici, con colleghi di lavoro – ricchi, abbondanti e spesso calorici.

Per prepararsi, gestire e anche dopo i cenoni smaltire la tradizionale abbondanza natalizia   è buona norma non trascurare il consumo di frutta e verdura fresche e di stagione, fondamentali per il benessere psicofisico dell’organismo.

 

Le occasioni e le possibilità di ricorrere a portate più sane e leggere, con frutta e verdura protagoniste, da alternare o da inframmezzare ai solitamente luculliani pasti della tradizione natalizia rispettando comunque la tradizionalità e senza per nulla rinunciare al gusto, sono varie e numerose.

 

Già dagli stuzzichini che accompagnano il primo brindisi di aperitivo, da consumare in piedi, si possono proporre delle listerelle di verdura fresca (come carote, finocchi e gambi di carciofo) da intingere in pinzimonio, delle coppette di frutta a guscio (magari tostata, ma non salata per evitare di sovrabbondare con l’apporto di sodio) da cui attingere, o ancora preparare dei finger food freschi ma stuzzicanti, come per esempio delle tartine di kiwi e prosciutto crudo, di gorgonzola e noci, degli spiedini di uva e fontina o di cubetti di frittata di spinaci alternati a dadini di pera.

 

In assenza della frutta preferita in quanto non di stagione, si può ovviare utilizzando delle composte al posto della frutta in pezzi per tartine e canapè, come la composta cremosa di fragole Ohi Vita o la composta cremosa di pesche Ohi Vita, che si sposano divinamente con tanti ingredienti salati e  sono comode e utili per incentivare il consumo di frutta.

 

Una volta accomodati a tavola, sono innumerevoli gli antipasti a base di verdura che ci si può ingegnare a realizzare, basta affidarsi al proprio gusto personale e, ovviamente, a cosa offre il mercato. Un’idea semplice ma assai gustosa può essere, per esempio, quella di servire degli sformatini monoporzione di broccoli o cavolfiore, o una parmigiana di cardi, o una torta salata alle bietole.

 

I sontuosi pranzi natalizi spesso prevedono due proposte di primi piatti: che almeno uno dei due sia di sole verdure è un’ottima scelta e allora via libera a una vellutata di sedano rapa, a un passato di zucca e porri con dadini di speck abbrustoliti, a una pasta (ripiena, secondo tradizione) ai carciofi o con salsa di noci, a un risotto al radicchio, a lasagne con spinaci e ricotta, o a un coloratissimo potage di zucca e carote.

 

 

I secondi di carne o di pesce possono essere arricchiti e insaporiti da frutta e verdura in tanti modi, optando per esempio per una faraona ripiena di castagne e mele, un rotolo arrosto agli spinaci, una raffinata anatra all’arancia, dei pesci in cartoccio con friarielli, uvetta e pinoli, delle capesante su purea di zucca o delle seppie in salsa di cavolfiore. Ma anche dei semplici filetti di maiale o di branzino, meglio se impreziositi per l’occasione da una salsa di frutta come la composta cremosa di mirtilli Ohi Vita, che possono costituire un secondo piatto ricco e perfetto per il clima di festa.

 

Che la seconda portata sia di carne o di pesce, i contorni di verdura o di frutta e verdura abbinati faranno comunque un figurone. Topinambur, cavolfiori, cardi, bietole e cicoria al vapore, grigliati, trifolati, ripassati in padella o al forno, una gustosa insalata di carciofi condita con citronette, o di cavolo cappuccio affettato finemente e accompagnato da pezzetti di mela e noci sminuzzate, o di finocchi e arancia, o di songino, noci e chicchi di melagrana possono aiutare a pulire palato e stomaco tra una portata e l’altra.

 

Infine, i dolci tradizionali con frutta candita e essiccata sono numerosissimi e sempre graditi come fine pasto natalizio, in abbinamento al classico e immancabile panettone, che può essere arricchito con una riduzione di composta di arance Ohi Vita, degna accompagnatrice di uvetta e canditi o del più sobrio pandoro.

 

Durante la tradizionale tombola pomeridiana, poi, non può mancare a centro tavola un portafrutta con datteri, fichi secchi, mandarini, litchi, caldarroste e frutta essiccata da cui ognuno possa attingere per sgranocchiare qualcosa di buono mentre si gioca. E l’atmosfera natalizia al gran completo è servita.

Gusto e benessere che scaldano l’anima con una ottima zuppa

Le prime tracce della coltivazione di farro risalgono alle origini dell’agricoltura nel Neolitico in Asia minore. Dall’Egitto il farro arriva, poi, in Italia dove diventa il cereale più coltivato fino al Medioevo. E, infatti, proprio al farro dobbiamo il termine farina. Al contrario, i fagioli che oggi conosciamo sono americani e sono stati importati in Europa nel corso del 1500, soppiantando il gruppo di fagioli del mondo antico, di provenienza sub sahariana, perché più facili da coltivare e con una resa maggiore.

 

Ritenuti un cibo da poveri, è stato il secolo dei Lumi a rivalutare i fagioli come alimento importante nella dieta di tutte le classi sociali.

 

Fagioli cannellini e neri e farro perlato da agricoltura biologica si uniscono nel segno della tradizione gastronomica italiana per una zuppa ricca di proteine vegetali, antiossidanti e con un alto contenuto di fibre: la Zuppa con farro bio Ohi Vita.

 

Un mix che costituisce un abbinamento ideale sotto il profilo proteico per apportare nutrienti preziosi in una dieta variata e ipocalorica. I fagioli sono, infatti, legumi ricchi di fibre, carboidrati e proteine e svolgono un’importante funzione energetica e nutritiva. Sono anche una buona fonte di potassio, fosforo e calcio, sali minerali che sostengono le funzioni metaboliche dell’organismo.

 

L’elevato contenuto in fibre dei fagioli e del farro contribuisce al corretto funzionamento dell’intestino svolgendo anche una funzione di protezione dell’apparato cardiocircolatorio. Inoltre, i fagioli sono indicati nelle diete ipocaloriche perché favoriscono il senso di sazietà, proprietà che ha anche il farro, spesso introdotto nelle diete con l’obiettivo di limitare le quantità di cibo e di calorie introdotte durante i pasti. Il farro contiene anche potassio, magnesio, fosforo, oltre a una buona quantità di acido folico, prezioso per lo sviluppo cellulare, che lo rende consigliato nell’alimentazione delle donne in gravidanza.

 

Il metodo di coltivazione biologica degli ingredienti che compongono questo saporito mix, consente di promuovere con maggiore efficacia i benefici sostenibili di legumi e cereali, a favore dell’ambiente e della salute dei consumatori e dei produttori. I fagioli e il farro che compongono la Zuppa con farro della linea Ohi Vita sono infatti coltivati senza l’impiego di concimi chimici, diserbanti, anticrittogamici, insetticidi, pesticidi e OGM, contribuendo in questo modo alla tutela della fertilità dei suoli.

 

Certificata con il marchio logo Euro leaf, che dal 2010 identifica i prodotti che corrispondono agli standard europei per il settore bio, questa zuppa conserva la sua efficienza nutrizionale ed energetica, riducendo al contempo il rischio di esposizione a residui di sostanze chimiche indesiderate.

 

Una fonte di benessere importante anche per il pianeta: il consumo di proteine vegetali è una delle strategie sostenibili indicate dalla comunità internazionale. I legumi rappresentano infatti la fonte vegetale più ricca di proteine in natura: i fagioli secchi, per fare un esempio, contengono un 23,6% (gr/100 gr p.e.) di proteine. Inoltre i legumi, essendo piante azoto- fissatrici, sono in grado di arricchire il terreno in cui vengono coltivati a vantaggio delle colture poste in rotazione. Anche il farro sta conoscendo una rinnovata fortuna per la sua coltivazione sostenibile. Si tratta difatti di una pianta rustica, con una bassa richiesta nutrizionale e molto competitiva con le piante infestanti, adatta pertanto al metodo biologico di produzione che non ricorre all’uso di diserbanti e fertilizzanti chimici.

 

Agrumi d’inverno: sono tanti, sono buoni e fanno tutti molto bene

La parola “agrume” deriva dal latino acrumen, che significa – come abbastanza intuibile – agro, aspro. E sì, è vero che anche se nel tempo si sono selezionate e incrociate le specie perché siano il più appetibili possibile il primo sapore che viene in mente parlando di arance e mandarini richiama l’acidulo, ma il grado zuccherino non manca, solamente cambia di varietà in varietà.

 

Bacche dei sempreverdi Citrus, cui appartengono più di venti specie arboree differenti, gli agrumi sono originari dell’Asia e sono stati portati in Sicilia dagli arabi nel X secolo a scopo ornamentale. La coltivazione a fini alimentari nell’area mediterranea prende piede più tardi, dal XVIII secolo in avanti, anche per la scoperta delle loro molteplici proprietà benefiche.

 

Le varietà di agrumi oggi conosciute sono svariate e differenti per gusto, forma e dimensione, ma in realtà tutte originano dai tre frutti capostipiti di questa famiglia: cedro, mandarino e pomelo (esatto: quest’ultimo non è, come può spingere a credere il nome, l’incrocio tra pompelmo e mela, bensì il padre – anzi il nonno, perché è il più antico – di tutti gli agrumi). Sono i successivi innesti – comunque perlopiù antichissimi – tra questi tre frutti che hanno dato vita agli agrumi oggi più noti:

 

dall’incrocio tra mandarino e pomelo è nata l’arancia (dolce e amara); tra arancia e mandarino, il mandarancio (la clementina è il mandarancio più conosciuto); tra arancia amara e cedro, il limone; tra arancia dolce e pomelo, il pompelmo; tra pompelmo e mandarino, il mapo.

 

Ipocalorici e praticamente privi di grassi ma invece ricchissimi di vitamina A, B e C, di sali minerali come potassio, calcio e magnesio, di antiossidanti quali flavonoidi, carotenoidi e polifenoli e di altri nutrienti essenziali, compresa una discreta quantità di fibra alimentare, agli agrumi è riconosciuto un alto valore salutare e di supporto al benessere psicofisico dell’organismo.

 

Degli agrumi in cucina si possono utilizzare tutte le parti: il succo si può bere appena spremuto, diluito o meno con acqua, o può essere utilizzato come base per marinate, per formare un delizioso sughetto a piatti di carne o di pesce o per condire insalate autunnali, come quella di cavolo cappuccio e mela o di finocchio e noci. La polpa, ovviamente si può mangiare tal quale, ma il suo impiego è estremamente versatile per un’infinità di piatti, dall’antipasto al dessert. Gli agrumi creano connubi veramente azzeccati con tantissimi alimenti salati, arricchendo le più svariate preparazioni con note più dolci o più aspre a seconda di quale frutto si sceglie di utilizzare. Nei dolci, il succo o la scorza (ovviamente non trattata) aromatizza sfiziosamente creme, torte o dolci al cucchiaio, senza dimenticare le golosissime scorze candite ricoperte di cioccolato e le prelibate marmellate (le uniche a chiamarsi così: tutte le altre composte, preparate con tipi diversi di frutta, sono confetture).

 

Ecco i principali:

  • Arancia (Citrus sinensis): è l’agrume più diffuso; tra le varietà più conosciute e apprezzate, la Tarocco, la Navel, la Moro e la Sanguinello, ognuna con caratteristiche distintive di sapore, colore e periodo di maturazione.
  • Bergamotto (Citrus bergamia): è una mutazione spontanea dell’arancia amara, coltivato principalmente in Calabria e utilizzato soprattutto per estrarre l’olio essenziale che conferisce il caratteristico aroma al famoso tè Earl Grey, a liquori o a preparazioni di pasticceria.
  • Cedro (Citrus medica): dalla scorza spessa e profumata, è utilizzato soprattutto candito in pasticceria, ma si possono impiegare anche il succo, la polpa e la scorza come tutti gli altri agrumi.
  • Chinotto (Citrus myrtifolia): anch’esso mutazione dell’arancia amara, dal gusto spiccatamente amaricante, è usato soprattutto per produrre l’omonima bibita.
  • Clementina (Citrus clementina): è una varietà di mandarancio, l’unica che non contiene semi, dalla buccia più sottile e di forma più rotonda rispetto al mandarino e dal gusto equilibrato, né troppo dolci né troppo aspre.
  • Kumquat (Citrus japonica): più conosciuto con il nome di mandarino cinese, è di piccole dimensioni e si mangia intero: praticamente una caramella naturale e, al contrario di quanto si possa pensare, la concentrazione zuccherina è contenuta nella polpa e non nella scorza. Si può coltivare facilmente anche in casa, in vaso.
  • Limone (Citrus limon): dall’inconfondibile e spiccato aroma, ne esistono diverse varietà, le più note e prelibate delle quali sono il Femminello e il Monachello, cui appartengono numerose IGP.
  • Mandarino (Citrus reticulata): comodo e pratico da consumare per via delle dimensioni ridotte, è dolce ma con note asprigne più o meno accentuate a seconda della varietà; quella più diffusa in Italia è l’Avana.
  • Mapo (Citrus tangelo), ottenuto per la prima volta nel 1950 all’università di Acireale, in provincia di Catania, ha buccia sottile di colore verde scuro, polpa gialla e gusto piacevolmente acidulo.
  • Pomelo (Citrus maxima): chiamato anche pummelo o pampaleone, è l’agrume di dimensione più grande e assomiglia – nell’aspetto e per sapore – al pompelmo; presenta scorza liscia di colore verde-giallo con sfumature rosate, polpa asciutta e ricca di semi e uno spesso strato bianco e spugnoso sotto la buccia.
  • Pompelmo (Citrus paradisi): originario delle Barbados, esiste nelle varietà bianca o gialla, rosa e rossa; è caratteristico per il suo particolare sapore amarognolo.

Tutto ciò che di buono si può attaccare all’albero di Natale

Il momento dell’anno in cui si addobbano le case per le festività natalizie è sempre atteso con grande entusiasmo. È un momento di condivisione familiare, di gioia e allegria, come d’altronde tutto il periodo che precede e che segue il giorno di Natale.

 

Per la decorazione dell’albero di Natale, generalmente si tirano fuori gli addobbi che si conservano anno dopo anno e che ogni volta è bello riscoprire e rivedere. Ma a ogni Natale ci si può divertire a personalizzare l’abete, a diversificarlo da quello scorso con nuovi decori e idee.

 

Una soluzione originale è quella di alternare le palline e gli ornamenti tradizionali con qualcosa che sia bello da esporre ma anche buono da mangiare, da preparare magari con i bambini per trascorrere insieme del tempo in modo diverso, creativo e divertente.

 

Decorare l’albero con qualcosa di commestibile, sano e gustoso, è, inoltre, un’idea sostenibile perché si può realizzare con quello che si ha in casa. Si possono per esempio legare con uno spago e fare pendere dai rami dei pezzetti di frutta fresca o essiccata e disidratata, come fettine di mela, spicchi di agrumi o piccoli grappoli d’uva. O creare delle collane o delle ghirlande di popcorn – anche ricoperti di cioccolato o colorati con coloranti alimentari – o di mirtilli (o di entrambi, alternati, per dare più colore), trapassandoli per esempio con un filo da pesca, da appendere sull’albero.

 

Si possono preparare dei cestini o delle coroncine di pasta di pane, da decorare con quel composto fluido preparato con albumi e zucchero a velo che si chiama ghiaccia reale. Oppure dei biscotti, semplici frollini o aromatizzati con spezie, come il pan di zenzero o il panpepato, con stampini a tema (a forma di stelle, comete, angioletti, cappelli di babbo Natale o babbo Natale stesso, pupazzi di neve, cuori, abeti, renne, campanelline, bastoncini di zucchero…) da sistemare tra i rami.

 

Una deliziosa e salutare alternativa è appendere dei piccoli cestini da riempire con frutta fresca di piccola dimensione come acini d’uva, litchi o kumquat (mandarini cinesi) , o frutta disidratata come fichi, prugne, albicocche. O, ancora, come frutta secca, ad esempio pistacchi, nocciole, arachidi o mandorle;

 

Senza dimenticare le bucce di arance e mandarini, forate con un ago per farci passare dei nastrini (di colore e magari anche di materiale diverso) e assemblati a formare delle figure come foglie o stelle: tutte  soluzioni rustiche, magari non sempre commestibili ma simpatiche e originali.

 

Come alternativa, allora, spazio a fili di liquirizia colorata e dolcetti di marzapane che fanno sempre la loro bella figura tra gli aghi dell’albero. E a mini pasticcini o cioccolatini o piccoli tartufi di cioccolato e biscotti, avvolti in carte festose e colorate o racchiusi in sacchettini come in piccolissime scatole a forma di pacchi dono. Tutti piccoli scrigni che aggiungeranno colore e dolcezza all’albero e potranno sempre essere rimpiazzati se man mano vengono aperti e mangiati, nei giorni prenatalizi o “in diretta” mentre si scartano i regali veri.

 

Infine, una buona idea è anche quella di allestire dei piccoli bouquet di erbe aromatiche e di bacche decorative, che non si mangiano così da sole ma si possono comunque utilizzare per cucinare e, intanto, arricchiscono l’atmosfera con un buon profumo. L’albero così addobbato di leccornie, che possono essere consumate di tanto in tanto per una pausa di golosità, aggiungerà un tocco di colore e di allegria ai giorni di festa. Non resta che augurarvi buon divertimento durante la preparazione degli addobbi e buone feste!

L’importanza dell’arancia per una composta cremosa con il gusto di polpa e scorza

Nella mitologia, l’arancia è legata al mito di Giunone che, in occasione delle sue nozze con Giove, decise di portare in dote proprio le arance come simbolo di amore e fertilità. Col nome di “melarancia”, la troviamo citata in alcuni testi risalenti all’epoca romana, che raccontano di coltivazione di arance in Sicilia già nel I secolo.

 

Quello che è certo è che nel XVI secolo i marinai portoghesi ne definirono la coltivazione massiccia anche in Europa, tant’è che in molti dialetti italiani, come il Napoletano, è ancora diffuso chiamare l’arancia con il termine portogallo. Durante il Carnevale d’Ivrea assistiamo ogni anno alla battaglia delle arance: una tradizione medioevale che ricorda quando, nel giorno della commemorazione dell’Assunta, il feudatario usava regalare una pentola di fagioli a ogni famiglia. In segno di protesta per i tanti soprusi subiti, il popolo decise di gettare quei fagioli, poi sostituiti con le arance.

 

La ricetta della composta di frutta nasce, invece, in epoca medioevale e deve il suo nome al termine francese compôte, derivato a sua volta dal latino composita. Ed è proprio dall’agrume per eccellenza con tutte le sue proprietà benefiche e il suo gusto unico che prende forma e sapore questa composta cremosa con polpa, scorza e zucchero di canna.

 

La Composta Cremosa di arance bio Ohi Vita valorizza al meglio il lavoro di selezione delle più succose arance da parte di cooperative specializzate nella produzione agronomica di qualità.

 

Un uso consapevole della risorsa suolo, l’eliminazione dell’impiego di sostanze chimiche e la valorizzazione delle migliori tecniche agronomiche in relazione al prodotto rappresentano i punti di forza di una filiera controllata e certificata in tutte le sue fasi. Il percorso “dalla terra alla tavola” è, infatti, connesso alla storia dello sviluppo del movimento cooperativo in Emilia Romagna. L’impegno dei produttori in questo ambito punta all’integrazione fra coltivazione e raccolta, trasformazione e commercializzazione, il tutto secondo i valori e i principi propri del sistema cooperativo e a favore della sua sostenibilità sociale.

 

Senza dimenticare che le arance godono di molteplici proprietà salutari e benefiche: con il valore aggiunto della sostenibilità raggiungono la loro piena espressione in termini di gusto e qualità.  Arance che, non solo hanno un gusto unico in grado di renderle uno dei frutti più conosciuti e amati al mondo, ma che hanno tante e interessanti proprietà salutari, a partire dalla vitamina C: consumare arance significa rafforzare il proprio sistema immunitario, aiutando a proteggere l’organismo, soprattutto durante l’inverno, da raffreddori e malanni di stagione. Le arance sono ricche anche di vitamina A, utile per la salute degli occhi e della pelle.

 

Stiamo parlando di arance biologiche prodotte senza l’uso di pesticidi e fertilizzanti chimici, nel pieno rispetto dell’ecosistema dei territori da cui provengono. L’intera filiera produttiva è controllata in ogni passaggio e perfettamente tracciabile secondo gli standard di qualità del settore biologico. Certificata con logo Euro-leaf che ne attesta la provenienza da agricoltura 100% biologica, la composta garantisce, quindi, il rispetto del rigoroso percorso produttivo stabilito dal disciplinare del metodo biologico.

 

Un’agricoltura rintracciabile, sicura e soprattutto sostenibile e attenta al benessere e all’ambiente è la migliore garanzia per i consumatori. Con queste premesse, la ricerca della qualità attraverso le certificazioni di prodotto si costituisce come fase fondamentale di un più ampio progetto di adesione ai principi della sostenibilità e dell’agricoltura biologica, con l’obiettivo di garantire anche i migliori risultati in termini di proprietà organolettiche della frutta.