Pummarola da record: il successo dell’ortofrutta Made in Italy porta la primavera nei campi

Le esportazioni di frutta e verdura fresche e trasformate superano per la prima volta il muro dei 10 miliardi di euro grazie a un aumento dell’8%, nonostante le difficoltà geopolitiche e quelle connesse ai cambiamenti climatici che hanno penalizzato soprattutto il settore del fresco. Lo rivela un’articolata analisi della Coldiretti sulla base delle proiezioni su dati Istat relativi ai primi dieci mesi dell’anno.

 

Il primo mercato di sbocco per lortofrutta Made in Italy?

La Germania con circa un quarto del totale esportato, grazie anche a un aumento del 7% degli acquisti. Il secondo mercato di riferimento è la Francia, dove si registra però un arretramento del 2%, mentre al terzo posto c’è la Gran Bretagna che al contrario vede un incremento dell’export del 15%, nonostante le difficoltà commerciali legate alla Brexit. Al quarto posto si piazza la vicina Austria, dove le vendite crescono dell’8%, subito davanti agli Stati Uniti che sono il primo mercato extra Ue grazie a un incremento record del 20%.

Sul totale delle esportazioni gli ortaggi freschi valgono oltre 1,8 miliardi che salgono a 5,3 miliardi di euro se si considera anche il trasformato, settore in cui le salse e i concentrati di pomodoro pesano per quasi la metà del totale.

 

La pummarola Made in Italy ha messo a segno nel 2022 un incremento record del 27% a riprova del successo dei prodotti della Dieta Mediterranea all’estero nonostante guerre e pandemie. L’export di frutta fresca vale, invece, 3,8 miliardi, ai quali vanno aggiunti gli 1,2 miliardi di succhi, confetture e conserve.

 

Spiega Coldiretti che il settore ortofrutticolo nazionale garantisce all’Italia 440mila posti di lavoro, pari al 40% del totale in agricoltura, con un fatturato di 15 miliardi di euro all’anno tra fresco e trasformato, pari al 25% della produzione agricola totale. E, questo “grazie all’attività di oltre 300mila aziende agricole su più di un milione di ettari coltivati in Italia con ben 119 prodotti ortofrutticoli Dop e Igp”. L’Italia primeggia in Europa con molte produzioni importanti: dalle mele alle pere, dalle ciliegie alle uve da tavola, dai kiwi alle nocciole fino alle castagne ma anche per molte verdure e ortaggi tipici della dieta mediterranea come pomodori, melanzane, carciofi, cicoria fresca, indivie, sedano e finocchi.

 

Proprio per questo e soprattutto a primavera, sempre secondo Coldiretti nei campi italiani c’è posto per almeno centomila giovani. Nelle campagne servono “figure specializzate come i trattoristi, i serricoltori, i potatori e tecnici dellagricoltura 4.0 per guidare droni, leggere i dati metereologici ed utilizzare gli strumenti informatici ma anche raccoglitori per le verdure, la frutta e la vendemmia. Non vanno dimenticati poi i nuovi sbocchi occupazionali offerti dalla multifunzionalità che vanno dalla trasformazione aziendale dei prodotti alla vendita diretta, dalle fattorie didattiche agli agriasilo, ma anche alle attività ricreative, lagricoltura sociale per linserimento di disabili, detenuti e tossicodipendenti, la sistemazione di parchi, giardini, strade, l’agribenessere e la cura del paesaggio o la produzione di energie rinnovabili”.

 

Il viola a tavola è un colore che dona a tutti

La frutta e la verdura di colore viola non dovrebbero mai mancare nella nostra dieta quotidiana. Perché il viola, in tutte le sfumature che arrivano fino al blu, è uno dei colori del benessere, come numerose ricerche scientifiche hanno dimostrato.

 

Tutto merito degli antociani, che sono una particolare tipologia di flavonoidi, da cui dipendono non solo la particolare colorazione, ma anche le proprietà antiossidanti dei prodotti della terra che li contengono.

 

Uno studio del CREA ha rivelato come la frutta e la verdura di colore blu e viola siano capaci di svolgere un’azione antiinfiammatoria di prevenzione della buona salute del microbiota intestinale, a vantaggio del corretto funzionamento del nostro sistema immunitario e con un qualche beneficio anche nel contrastare stress e invecchiamento.

E se ogni stagione offre la possibilità di portare sulla tavola ortaggi o frutti viola, che possono essere consumati crudi o come ingrediente di qualche preparazione sfiziosa, occorre ricordare che la cottura, soprattutto prolungata, riduce il contenuto di antociani di una percentuale che va dal 15 al 30%.

 

Largo dunque a radicchio e cavolo, pomodoro, cavolfiore, rapa, barbabietola melanzana, more, prugne, mirtilli, uva, fichi, lamponi, ma anche asparagi, carote e patate viola.

 

Su queste ultime, si è concentrato un recente studio condotto dall’Università di Turku in Finlandia, secondo il quale frutta e verdura di colore viola possono essere un valido alleato naturale nel contrastare il diabete di tipo 2.

 

Una proprietà che le patate viola, e in particolare la varietà finlandese chiamata “Synkeä Sakari”, detengono nella sua forma più spiccata. I pigmenti viola/blu, infatti, e soprattutto gli antociani cilati, contribuiscono a contenere il rischio di picchi di zucchero nel sangue, per l’azione positiva che esercitano sul metabolismo energetico, sull’equilibrio della flora batterica intestinale e sui meccanismi che scatenano i processi infiammatori.

 

Si tratta di proprietà molto interessanti, vista la crescente diffusione del diabete, una patologia che soltanto in Italia affligge oltre 3,5 milioni di persone.

 

Da non dimenticare inoltre tutte le altre benefiche funzioni protettive che gli antociani svolgono a favore del sistema cardiocircolatorio e del microcircolo, grazie alla loro attività vasoprotettrice, utile per contrastare vene varicose, cellulite, ritenzione idrica, ma anche per supportare un’eventuale fragilità capillare degli occhi.

 

Ma la frutta e la verdura di colore viola/blu possono essere anche preziose alleate di bellezza, soprattutto ora che la primavera è alle porte. Gli antociani hanno infatti anche proprietà lenitive, preziose per la pelle sensibile, antisettiche, per contrastare le impurità cutanee della giovinezza e anti-invecchiamento, ideali per le pelli più mature.

Nel consumare le cinque porzioni quotidiane tra verdura e frutta (soprattutto verdura) che gli esperti nutrizionisti consigliano, può essere dunque stimolante divertirsi a “colorare” i propri piatti, per una alimentazione sana, varia e anche gradevole sul piano estetico.  

 

 

Menta piperita, liquirizia, camomilla e anice verde: il meglio della natura per un dopo pasto tranquillo in una tisana profumata e piacevole

Stiamo parlando di un ottimo dopo pasto che nasce dalla sinergia di piante diverse, studiato per ottenere una fragranza dal gusto fresco e intenso che unisce proprietà rilassanti e digestive preziose per il nostro organismo. La  Tisana Dopo pasto Ohi Vita rappresenta, infatti, un equilibrato mix di essenze e di profumi dalle proprietà digestive e rilassanti, pensata per predisporre a un dopo pasto tranquillo e piacevole.

 

La menta piperita, grazie al suo alto contenuto di polifenoli, esercita, infatti, un’azione rinfrescante, antisettica, balsamica e carminativa, mentre la liquirizia offre al nostro organismo discrete quantità di vitamine del gruppo B, utili per supportare il metabolismo, di vitamina E, e di sali minerali. La camomilla contribuisce, invece, al relax e a un riposo migliore grazie alle sue proprietà antispasmodiche in grado di agevolare il rilassamento muscolare per la presenza dei flavonoidi e delle cumarine. Senza dimenticare l’anice verde con le sue caratteristiche digestive in forza del contenuto di anetolo che può contrastare il gonfiore addominale.

 

Nella sua semplicità, la tisana consente di apprezzare al meglio le virtù delle piante medicinali fin dai tempi più antichi. Attraversa continenti e popoli diversi che ne hanno da sempre saputo valorizzare il mix tra benessere e gusto.

 

Il remedium cardinale, ovvero la pianta principale della tisana, fornisce il principio attivo terapico e ladjuvant ne coadiuva lassorbimento. Accanto a loro, anche se non sempre, c’è il costituens, ovvero il correttore del gusto che aiuta il mix correggendo soprattutto il sapore tendenzialmente amaro delle tisane. Perché le tisane sono state sicuramente una delle prime forme in cui luomo ha iniziato ad apprezzare gli effetti benefici delle piante. Notizie storiche sull’uso delle piante per trattare disturbi e malattie risalgono al 3500 a.C. e sono state rinvenute in India e in Cina. Tavolette d’argilla scritte in caratteri cuneiformi che risalgono al 2600 a.C. hanno portato fino a noi le più antiche testimonianze della pratica medica babilonese con le piante, mentre ricerche storiche confermano che anche gli antichi Egizi le conoscevano e ne utilizzavano i principi benefici.

 

Lanice verde è originaria dellAsia e il suo nome, Pimpinella anisum, deriva dal greco anisos che significa non uguale per esprimere la somiglianza ma non l’uguaglianza con la pianta velenosa della cicuta. La camomilla, invece, è unerba medicinale secolare conosciuta già nellantico Egitto, poi in Grecia e a Roma: leggenda vuole che il suo infuso sia stato bevuto dalla Madonna come ricostituente dopo il parto.

 

La liquirizia ha una storia che risale fino allantico Egitto e alla Cina, dove gli antichi erbari ne riportano tracce fin da circa 5.000 anni fa come prescrizione per la cura della tosse, dei disturbi del fegato e delle intossicazioni alimentari. Perché arrivi in Europa bisogna attendere il XV secolo con la sua introduzione da parte dei frati domenicani.

 

Una leggenda riportata da Ovidio, mette in relazione il nome della menta a quello della ninfa Myntha, che venne trasformata in pianta dalla gelosa moglie di Plutone, Proserpina. Al tempo dei Romani le spose intrecciavano i fusti della pianta di menta nelle corone nuziali per risultare gradite agli sposi.

 

Nella Tisana Dopo pasto Ohi Vita si incontrano la moderna tecnologia delle pratiche agricole e la tradizione nella raccolta e selezione delle migliori essenze. Le foglie e l’estratto di menta piperita, la radice di liquirizia, i fiori di camomilla e l’anice verde, infatti, sono tutti ingredienti sottoposti ad attenti e rigorosi controlli che ne attestano e certificano la qualità, l’origine e la tracciabilità. i. Una qualità raggiunta attraverso un patto di fiducia con il territorio e la tipicità delle sue produzioni, con il rispetto per lambiente, la stagionalità delle colture, la selezione delle materie prime e lattenzione garantita in tutte le fasi, dalla coltivazione all’analisi del prodotto finale. Fino a ottenere un mix di ingredienti selezionati, controllati e in grado di sprigionare il meglio del proprio gusto e delle proprietà benefiche di ogni singolo componente.

 

 

 

 

 

L’amaro che fa bene: tutto il benessere di cicoria, carciofi, radicchio e rucola

Sono un ottimo alleato per purificare tessuti e organi perché contribuiscono alla pulizia dell’organismo attraverso la stimolazione di pancreas, fegato e reni. Sono le cosiddette verdure amare che si possono rivelare preziose anche per migliorare la digestione, controllare il senso dell’appetito e produrre un’azione disintossicante. Senza dimenticare che le verdure di questa tipologia rappresentano una buone fonte di fibre, di vitamine e di antiossidanti, oltre che di potassio, ferro, calcio e vitamine.

 

Ma in quali verdure si trova l’amaro?
Nei radicchi, nella scarola, nell’insalata riccia, nei cavoletti di Bruxelles, nei carciofi e nel rafano. Oltre che nelle cicorie, nei ravanelli, nel sedano e, ovviamente, nella rucola e in diverse erbe spontanee.

 

ll retrogusto amaro di alcune di queste verdure dipende da una sostanza in particolare: i polifenoli. Importanti anche perché aiutano a contrastare i danni provocati dall’ossidazione dei radicali liberi, azione a cui si attribuisce una responsabilità quanto si parla di invecchiamento cellulare. Insomma, assumere polifenoli nella dieta quotidiana fa bene e, per questo, bisognerebbe consumare almeno una porzione di queste verdure ogni giorno.

 

Tra le verdure amare, come abbiamo visto ci sono i carciofi. Ricchi di sali minerali, come sodio, potassio, fosforo e calcio e buona fonte di vitamina C e B, i carciofi sono riconosciuti come positivi protettori del fegato perché aumentano il flusso biliare, oltre a contribuire a eliminare le tossine dal nostro organismo. Anche il cardo mariano, grazie a uno dei suoi componenti attivi, la silimarina, agevola la liberazione del nostro organismo da scorie e tossine. E si offre per essere un ottimo tonico e contribuire a proteggere il fegato.

 

L’indivia ha un interessante effetto diuretico e depurativo per la buona presenza di fibre e di potassio e la scarsità di magnesio e sodio, mentre i friarielli, che sono delle infiorescenze dal celebre sapore amarostico, hanno proprietà benefiche derivanti dal contenuto di sali minerali, vitamine e antiossidanti. Senza dimenticare il sedano che è una delle verdure più ricche di fibre e, quindi, è anche una delle migliori soluzioni naturali per aumentare il senso di sazietà.

 

Ma il sapore amaro di alcune di queste verdure a volte può non essere sempre gradito soprattutto nelle preparazioni gastronomiche. E, allora, la tradizione insegna diversi metodi per agevolarne l’eliminazione. Per esempio, nel caso delle melenzane si usa lavarle e tagliarle in fette spesse di circa 1 centimetro, sistemandole poi in strati all’interno di uno scolapasta e distribuendo sulla loro superficie una manciata di sale grosso. Con l’aiuto di un peso come un piatto o una ciotola piena d’acqua posta sopra le melanzane, le fettine cominciano subito a espellere parte dellacqua di vegetazione responsabile del sapore amaro. Dopo una mezz’ora sono pronte per essere risciacquate con cura e asciugate per essere utilizzate per qualsiasi ricetta.

 

Nel caso della cicoria, invece, si ricorre a un ingrediente che diventa molto spesso un ottimo alleato quando si tratta di contrastare l’amaro delle verdure: il limone. Dopo averla lavata e tagliata, la cicoria viene infatti in questo caso lessata in acqua bollente per una decina di minuti, poi scolata e trasferita in una ciotola con acqua fredda e il succo di mezzo limone. Con un ammollo di almeno 15 minuti, basta solo eliminare l’acqua e procedere al consumo della cicoria o all’uso della verdura come ingrediente per altre ricette. Più in generale, in cottura, per contrastare le componenti amare delle verdure si può ricorre a  ingredienti acidi come la passata di pomodoro oppure a ingredienti sapidi come acciughe sottolio e olive saporite.

 

Il successo delle birre artigianali in Italia: gradimento alto tra i giovani, sempre più attenti anche alla sostenibilità

Certo, in Italia si beve prevalentemente vino, ma questo non è sempre vero o, almeno, non lo è per tutte le fasce di età. Perché la birra sta salendo sia nei consumi, che nel gradimento e anche nella sostenibilità delle sue fasi produttive.

 

Nel 2022 i consumi nazionali di birra superano il record storico di oltre 35 litri pro capite per un totale, come spiega Coldiretti, di 2 miliardi di litri, generando un volume di fatturato che, considerando tutte le produzioni, vale 9,5 miliardi di euro.

 

La scelta della birra come bevanda è diventato negli anni sempre più un fenomeno particolarmente ricercato e con una grande varietà di opzioni che vanno dalla birra aromatizzata alla canapa a quella ligure affumicata con le castagne, dalla birra senza glutine al riso Carnaroli del Piemonte a quella con la zucca, dalla birra con le arance di Sicilia a quella con le scorze di bergamotto, da quella alla ciliegia a quella con il miele di erica alla birra e non manca neppure la birra aromatizzata al pane e quella al grano saraceno.

 

Per stare in Italia, i dati Istat del 2021 evidenziano come, tra chi ha 20-24 anni, il 49,3% consuma vino e il 59,2% consuma birra. Ma non è la sola fascia d’età in cui il sorpasso della birra sul vino è un dato di fatto: tra i 25-34enni la distanza è inferiore, ma comunque a favore della birra perché il 58,3% consuma vino, il 62,7%, appunto, birra. Stesso discorso vale per la fascia di età successiva, ovvero quella compresa tra i 35 e i 44 anni, mentre la distanza si annulla tra chi ha 45-54 anni e il dato diventa favorevole al vino solo dai 55 anni in su.

 

E, mentre si sono da poco concluse le premiazioni per le migliori birre artigianali del 2023 in tutte le 45 categorie del concorso con la vittoria, per il Birrificio dell’Anno, che è andata alla Crak Brewery di Padova, si registra un altro dato in grande espansione: proprio i birrifici artigianali in Italia sono triplicati negli ultimi dieci anni superando la quota record di 1085 realtà nel 2022. Una crescita che, come sottolinea sempre Coldiretti, ha fatto salire la domanda di materie prime 100% Made in Italy, a partire dal luppolo che da zero ha raggiunto oggi un milione di metri quadrati coltivati lungo la penisola. A cui si aggiungono i 300 milioni di metri quadri destinati allorzo per la produzione di malto da potenziare perché copre per adesso appena il 40% del fabbisogno nazionale con circa 83mila tonnellate.

 

Senza dimenticare che la birra, oggi, in tutte le sue fasi produttive e distributive è un fenomeno sempre più attento anche allo sviluppo di strategie contro lo spreco alimentare. È, infatti, da poco stato siglato l’accordo fra Unionbirrai, associazione di categoria dei piccoli birrifici indipendenti, e Biova Project, start up innovativa nata con l’obiettivo di recuperare il surplus di cibo attraverso i propri centri in tutta Italia. Nel presupposto che la birra costituisca un ottimo modo per recuperare pane, pasta, riso, ottime fonti di amido, il progetto punta a implementare una rete su tutto il territorio nazionale per recuperare e trasformare gli avanzi di questi alimenti. In Italia, secondo uno studio dall’Associazione Internazionale del Panificio Industriale, si consumano infatti 52 chilogrammi di pane all’anno a testa. E, ogni giorno, ne vengono buttati 13mila quintali.

 

Proteggere l’ambiente e arricchire la nostra alimentazione: la grande versatilità delle alghe

Le alghe sono un prodotto estremamente interessante. Possono essere una fonte di cibo, tanto per gli esseri umani quanto per gli animali, ma possono anche essere essere trasformate per la produzione di biocarburante. Una versatilità che rappresenta anche una ottima prospettiva in termini di sostenibilità.

 

Una ricerca guidata dall’Università australiana del Queensland e pubblicata sulla rivista Nature Sustainability rivela come potrebbe presto diventare realtà

 

la dieta “salva-ambiente” a base di alghe: se sostituisse il 10% dell’alimentazione umana, eviterebbe l’emissione di 2,6 miliardi di tonnellate di CO2 all’anno da parte dell’agricoltura e salverebbe dallo sfruttamento 110 milioni di ettari di terreno.

 

Sono, infatti, 34 le specie di alghe che potrebbero essere coltivate a scopo commerciale, offrendo un’alternativa sostenibile all’espansione dell’agricoltura terrestre per soddisfare il crescente bisogno globale di cibo e materie prime. Spiega Scott Spillias, che ha guidato lo studio: “Le alghe marine hanno un grande potenziale commerciale e ambientale, sia come alimento nutritivo sia come componente fondamentale di molti prodotti, tra cui mangimi per animali, plastica, fibre, diesel ed etanolo”. L’importante è che la transizione verso la coltivazione di alghe sia fatta con molta attenzione, per evitare di portare nell’oceano i problemi presenti sulla terraferma: “Il nostro studio sottolinea cosa si potrebbe fare per affrontare alcuni dei crescenti problemi della sostenibilità globale ma l’implementazione dovrà avvenire con estrema cautela”.

 

I ricercatori hanno anche individuato alcune delle aree più promettenti per sviluppare l’agricoltura basata sulle alghe: la quota maggiore si trova nelle acque dellIndonesia, dove si stima che siano disponibili per la coltivazione fino a 114 milioni di ettari di oceano. Un’altra area rilevante sarebbe in Australia, che potrebbe offrire 75 milioni di ettari e molte specie native ancora poco studiate dal punto di vista commerciale.

 

Già oggi il mercato globale delle alghe vale qualcosa come circa 8 miliardi di dollari lanno e cresce a un tasso annuo dell8%, fino a salire al 9,7% nei prossimi anni. L’Asia rappresenta il 95% della produzione. Il mercato globale commerciale è maggiormente costruito da acquacultura, ovvero dalla coltivazione, piuttosto che dalla raccolta spontanea delle alghe. La domanda di alghe essiccate in Italia vale circa di 200 tonnellate allanno per utilizzi che vanno dallalimentare alla nutraceutica, dalla cosmesi alla farmacopea, fino ai mangimi per i pesci. Anche se solo meno del 13% viene soddisfatta dalla produzione nazionale e per i tre quarti è concentrata sulla spirulina.

 

Tra le alghe più diffuse da noi a scopi alimentari? La kombu che viene consumata sia cruda che cotta e l’alga wakame che, assieme alla nori è tra le più utilizzate in Giappone. La kelp, ricca di iodio, viene spesso cotta in acqua bollente per diventare una sorta di insalata mentre la salicornia, anche detta asparago di mare, viene lessata al vapore e consumata proprio come gli asparagi, condita con olio e limone. L’alga dulce, invece, ha un gusto affumicato simile al bacon, lagar agar è una specie di gelatina ricavata dall’alga rossa tengusa che trova un largo uso come addensante nella preparazione di piatti dolci e salati. Senza dimenticare, lalga spirulina, lalga klamath, la clorella e la cava che vengono frequentemente impiegate, piuttosto che in cucina, come integratori per lo iodio e nelle diete dimagranti.

Per un matrimonio di sapori sempre indovinato, i Fagioli cannellini bio Ohi Vita sono ideali con la pasta ma anche nelle insalate di primavera

Delicati e molto versatili, ma soprattutto un vero concentrato di energia: i Fagioli cannellini bio Ohi Vita sono un valido alleato del nostro benessere. Sono infatti ricchi di proteine e fibre vegetali, di vitamine del gruppo B e di sali minerali, come ferro, potassio e fosforo e magnesio. Tutti nutrienti fondamentali per promuovere la corretta funzionalità del metabolismo corporeo, del sistema nervoso e dell’apparato muscolare. Basti pensare che delle 91 Kcal circa fornite da 100 gr di Fagioli cannellini secchi cotti, più o meno il 5 % proviene da lipidi (grassi), più del 60% da carboidrati, e il 35 % circa da proteine. Un contenuto proteico che aumenta nell’associazione con gli aminoacidi complementari dei cereali.

 

“Tutti direbbero che la maggiore invenzione del millennio è la televisione o il microchip – ha avuto occasione di scrivere Umberto Eco –, perché crediamo che i cambiamenti delle nostre vite dipendono dalle macchine più complesse. Invece, il fatto è che noi siamo ancora qui grazie ai fagioli”. Secondo Eco, si può dire che il mondo sia stato salvato dai fagioli, e dai legumi in genere, che, in virtù del loro elevato potere nutritivo, hanno consentito ai popoli di sopravvivere alle carestie e alla malnutrizione, soprattutto nel Medioevo

 

I fagioli che consumiamo oggi non sono gli stessi di allora, velocemente soppiantati nel corso del 1500 da quelli più resistenti e produttivi che provenivano dall’America, ma il loro straordinario potere nutrizionale è fuori discussione.

Proprio per l’importanza che i fagioli, la cosiddetta “carne dei poveri”, hanno rivestito nell’alimentazione delle classi meno abbienti, la tradizione lega a questi legumi l’idea della crescita (“Riso e fagioli fan crescere i figlioli”) e dell’abbondanza, come racconta la fiaba inglese Jack e il fagiolo magico.

Certo è che, in quanto ottima fonte di fibra, i fagioli cannellini promuovono anche il buon funzionamento dell’apparato gastrointestinale, oltre ad essere un toccasana per il controllo dell’indice glicemico. La ricchezza di fibre li rende consigliati inoltre nelle diete a basso contenuto calorico, per il senso di sazietà che inducono. Mentre la quantità minima di grassi che contengono va a vantaggio della salute dell’apparato cardiocircolatorio.

 

I Fagioli cannellini secchi della linea Ohi Vita, provenienti da coltivazioni biologiche certificate e 100% italiane, mettono a disposizione tutte le proprietà nutrizionali del prodotto, garantendo al contempo la sua massima qualità, tracciabilità e sicurezza alimentare.

 

Il metodo di coltivazione biologica rappresenta infatti la tecnica di produzione più rispettosa dell’ambiente e della salute di produttori e consumatori, per l’esclusione di sostanze chimiche dannose nel campo.

 

Come tutte le leguminose, i fagioli cannellini sono piante che hanno la capacità di fissare grandi quantità di azoto nel terreno, rendendolo più fertile. Non utilizzare fertilizzanti e antiparassitari di sintesi nella coltivazione agevola la protezione e rigenerazione dei suoli, favorendo la tutela della biodiversità.

 

E per non sprecare, ricordiamoci sempre che 300 grammi di fagioli cannellini secchi corrispondono a circa quattro porzioni medie. Allo stesso modo, il tempo di cottura si riduce se teniamo i fagioli secchi in ammollo, completamente ricoperti, in un contenitore con acqua con due cucchiai di bicarbonato, per almeno una notte (anche aggiungere 2/3 centimetri di alga Kombu nell’acqua di cottura dei legumi può renderli più morbidi e digeribili). Il consiglio poi è di aggiungere il sale sempre a fine cottura.

 

I Fagioli cannellini secchi bio Ohi Vita sono ottimi insieme alla pasta, uniti ad altri legumi per una zuppa nutriente oppure in aggiunta alle insalate fredde nella stagione calda.

 

 

 

Benvenuti asparagi: gli ortaggi che conquistarono gli antichi Romani con il loro gusto di primavera

È un sapore particolare e ricercato quello degli asparagi: prevalentemente erbaceo, ma con note di carciofo e noce insieme. Ed è una delle ragioni del grande favore che incontrarono già nel mondo antico, quando dalla Mesopotamia si diffusero rapidamente, conquistando anche i Romani.  Tanto che per procurarseli e gustarli freschi,

 

Apicio racconta che a un certo punto gli imperatori decisero di costruire un tipo di imbarcazione, chiamato per questo “Asparagus”, da adibire al loro trasporto nel Mar Mediterraneo.

 

Ortaggi che sanno di primavera, furono amati anche dal Re Sole che, desiderando consumarli tutto l’anno, aveva fatto predisporre delle serre riscaldate dedicate per coltivarli, ma con scarso successo. La loro coltivazione è in effetti impegnativa: richiede una conduzione attenta sia per impiantare l’asparagiaia sia per quel che riguarda la concimazione, l’irrigazione e la lotta alle infestanti a cui la pianta è particolarmente sensibile.

Ma dove non arrivarono gli agronomi francesi, sono riusciti invece oggi degli agricoltori altoatesini con una produzione che, se non copre tutto l’anno, anticipa comunque tutte le altre a livello europeo. Si tratta di asparagi bianchi e, in misura minore, verdi (Bellinus), che vengono coltivati lungo il corso dell’Adige, su un’estensione di circa 200 ettari di terreni con sabbie di origine calcarea, provenienti dalle Dolomiti. È proprio questa particolare composizione del terreno a favorire un rapido riscaldamento del suolo e un precoce germogliamento delle piante. Questi asparagi sono così i primi a essere raccolti in tutta Europa.

In Italia, le varietà regionali di asparagi sono molte: si va dall’asparago bianco di Cimadolmo, grosso e dal sapore delicato, agli asparagi piemontesi della piana del Po fino a quello violetto di Albenga, solo per citarne alcune.

 

Ricchi di acqua e fibre, gli asparagi esercitano molte azioni positive a vantaggio del nostro benessere, a partire dal fatto che sono ipocalorici e facilmente digeribili.

 

Il basso indice glicemico e la povertà di sodio li rende consigliati per tutte le età, mentre il buon contenuto di potassio, vitamina C e folati ne fa un vero e proprio toccasana, per le loro virtù antiossidanti. La presenza di asparagina, un amminoacido dalla spiccata azione diuretica, rende questi ortaggi degli efficaci detossinanti. E sembra anche che siano amici del nostro buonumore.

 

Gli asparagi dispiegano il loro gusto e le loro proprietà nutrizionali quando sono freschi, di un bel colore omogeneo, con le punte ben chiuse e dritte e il gambo sodo e senza macchie.

 

Ma come cuocerli? Gli asparagi lessi sono i protagonisti di moltissime preparazioni, a partire dall’abbinamento più tradizionale con le uova. Però su come lessarli, naturalmente dopo averli ben lavati solo con acqua fredda, esistono almeno due scuole di pensiero.

La prima consiste nell’utilizzare una padella abbastanza larga da accogliere gli asparagi sdraiati, in cui tuffarli, una volta che l’acqua raggiunge l’ebollizione, per una decina di minuti di cottura. La seconda suggerisce invece di impiegare una pentola dai bordi alti, piena di acqua salata. Una volta in ebollizione, gli asparagi raccolti in mazzetti con uno spago da cucina, vanno immersi con le punte verso l’alto e fuori dell’acqua per circa 10-15 minuti, in base alle dimensioni.

Il segreto per raffreddarli consiste nel trasferirli subito dopo la cottura in una bacinella colma d’acqua fredda e cubetti di ghiaccio per almeno 1 minuto. In questo modo si conservano al meglio il colore acceso e la consistenza croccante. Questa tecnica vale anche per i fagiolini.

Nutrizione di qualità e attività fisica: Ohi Vita è la scelta che promuove anche lo Sport

Fare sport fa bene e mangiare bene anche, questo lo sappiamo. Ma esiste anche un rapporto stretto tra una buona alimentazione e una buona prestazione fisica, amatoriale o agonistica che sia. Privilegiare cibi di qualità, dalla filiera controllata e interamente tracciabile, oltre che gustosi e gratificanti, significa infatti rispondere alle esigenze nutrizionali di chi conduce una vita attiva e pratica sport. Il primo allenamento dipende da quello che si porta a tavola.

 

Ohi Vita, la linea del Gruppo VéGé nata mettendo il benessere nutrizionale al centro della sua offerta, è la proposta che può aiutarci a definire uno stile nutrizionale sano, vario ed equilibrato, che dà energia e supporta il movimento.

 

Per questo, scegliendo i prodotti Ohi Vita si può partecipare alla seconda edizione della campagna 2023 “Da VéGé lo sport è di famiglia”, realizzata in collaborazione con Decathlon, per accelerare la raccolta di QRcode necessari per partecipare all’assegnazione di digital gift card alle associazioni sportive dilettantistiche che aderiscono al progetto. Da quest’anno, sono in palio digital gift card Decathlon anche per i clienti che partecipano al concorso.

 

Come nella prima edizione 2022, conclusasi a dicembre con l’assegnazione di premi per il valore di 1.300.000 euro a beneficio di più di 2100 associazioni sportive sull’intero territorio nazionale, anche la campagna 2023, declinata in “Fai Vincere lo Sport”, “Noi Amiamo lo Sport”, “Sosteniamo lo Sport” e “Tutti Uniti per lo Sport” a seconda delle insegne del Gruppo VéGé, si propone di sostenere lo sport di base come occasione di socializzazione e buona pratica per uno stile di vita salutare.

 

“Mangiare nel modo giusto non solo previene la malattia, ma genera anche la salute e un senso di benessere fisico e mentale”, ha affermato il nutrizionista americano T. Colin Campbell. Lo stile alimentare è decisivo per creare quella condizione di benessere che può sostenere la qualità della nostra prestazione fisica anche per affrontare tutte quelle attività quotidiane che scandiscono le nostre giornate, come camminare, andare in bicicletta, dedicarsi ai lavori domestici, fare giardinaggio, giocare all’aperto, salire e scendere le scale, portare a spasso il cane, ecc.

 

Movimento e corretta alimentazione, insieme alla riduzione del consumo di alcol e sigarette, sono fattori essenziali per stare bene, come dicono i dati dell’OMS, che nella sola Regione europea riconducono alla mancanza di un’adeguata attività fisica circa 8,3 milioni di anni in buona salute persi. Senza muoverci e fare sport, in sostanza, viviamo meno e viviamo peggio.

 

E quando si parla di una alimentazione adeguata a supportare la pratica sportiva andiamo sul sicuro grazie alla nostra Dieta Mediterranea perché, come spiegano i nutrizionisti,

“il Modello Mediterraneo soddisfa i criteri fondamentali dell’alimentazione degli sportivi e, grazie alla grande varietà di alimenti e ricette, permette di approfittare delle caratteristiche nutrizionali energetiche, plastiche e bio-regolatrici dei vari nutrienti, ma anche dei molti effetti funzionali degli alimenti tipici che la caratterizzano a vantaggio della salute e della prestazione.”

 

Dunque cereali, legumi, semi oleosi, riso, latte, uova, latticini, gallette, affettati e carni antibiotic free, prodotti ad etichetta corta, composte di frutta, salse e passate di pomodoro, yogurt e dolci a ridotto contenuto calorico, tisane e infusi per idratarsi e prendersi cura di sé in armonia con la natura: tutti prodotti protagonisti della linea Ohi Vita, buoni, nutrienti, ricchi di energia e capaci di sostenere il nostro benessere.   

 

Scegliere i prodotti Ohi Vita consentirà dunque di comporre una dieta quotidiana equilibrata, gustosa ed energetica, e allo stesso tempo sostenere la propria associazione dilettantistica preferita: perché Ohi Vita premia sempre chi la sceglie.

 

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“Life green sheep”: il progetto per la sostenibilità dell’allevamento ovino con la Sardegna all’avanguardia vince il premio di Fondazione Qualivita

Ridurre l’impronta di carbonio del 12% in 10 anni nella produzione di carne e latte ovino: è questo l’obiettivo di Life green sheep, il progetto realizzato dal Consorzio di tutela dell’agnello di Sardegna Igp (Contas) e dall’agenzia Agris Sardegna, l’Agenzia per la ricerca scientifica, la sperimentazione e l’innovazione nei settori agricolo, agroindustriale e forestale, con il coordinamento del dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari. Un progetto che ha ricevuto il premio nazionale della prima edizione di Ricerca IG – Italia Next DOP, promosso da Fondazione Qualivita.

Tra gli oltre 90 progetti di ricerca sulle DOP IGP italiane, Life green sheep ha convinto la giuria

 

«per la valenza scientifica del progetto, per averlo saputo sviluppare all’interno di diverse filiere DOP italiane, per il trasferimento che i partner ne hanno saputo dare al mondo produttivo e per il livello divulgativo dell’iniziativa. L’ottimo livello di divulgazione scientifica sostiene l’efficace applicazione di un progetto che risponde alla parola chiave sostenibilità, con l’obiettivo di ridurre l’impronta di carbonio della carne e del latte ovino del 12% entro 10 anni».

 

Promuovere e diffondere la ricerca scientifica applicata alle filiere Dop Igp è infatti lo scopo di questo primo Simposio scientifico che Fondazione Qualivita ha organizzato in collaborazione con i soci fondatori Origin Italia, CSQA Certificazioni, Agroqualità, Poligrafico e Zecca dello Stato, alla presenza del Ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste Francesco Lollobrigida. All’iniziativa, che si è articolata in sei sessioni scientifiche e ha visto la presentazione di 90 progetti di ricerca sulle Dop Igp italiane, hanno partecipato oltre 800 stakeholder del settore agroalimentare di qualità italiano.

 

Un vero e proprio patrimonio di conoscenza e innovazione che la Fondazione mette a disposizione delle filiere agroalimentari d’eccellenza.

 

Il progetto Life green sheep, avviato nel 2020 e di durata quinquennale, oltre all’Italia, coinvolge Francia, Irlanda, Romania e Spagna, cinque paesi europei che producono il 47% della carne e il 63% del latte ovino della Ue.

 

“I piccoli ruminanti, in particolare le pecore allevate per la produzione di latte e carne, producono gas serra attraverso i loro fisiologici processi digestivi – spiegano i ricercatori –. Queste emissioni rappresentano il 7,4% delle emissioni globali di gas serra derivanti da attività antropogeniche, secondo i dati della FAO (2017). Tuttavia, gli studi dimostrano che gli agricoltori hanno poche conoscenze su come ridurre le emissioni di gas serra.”

 

Ma l’allevamento ovino non comporta soltanto emissioni: può svolgere anche un’azione di mitigazione del clima legata all’immagazzinamento del carbonio nei pascoli, avvertono gli esperti. Tutto sta nel mettere a punto e nell’impiegare tecniche di allevamento e di produzione che consentono di ottimizzare la filiera, riducendone il complessivo impatto ambientale.

 

Senza dimenticare che il latte di pecora è un’ottima fonte di micronutrienti quali vitamine, in grado di promuovere il buon funzionamento del metabolismo e dal potere antiossidante, e minerali, alleati della salute delle ossa e dei denti. Mentre la carne di agnello è ricca di proteine di alto valore biologico, ideali per lo sviluppo della muscolatura, tanto da essere spesso consigliata agli sportivi, e molto digeribile, quindi indicata per i bambini, già dalla fase di svezzamento, come fonte di vitamine del gruppo B, potassio e ferro.

Il premio ricevuto è «un riconoscimento prestigioso che ci onora – ha commentato Battista Cualbu, presidente del Contas –, e conferma ancora una volta la sostenibilità dei nostri allevamenti. Nel caso specifico, anche la qualificata rete di ricerca e innovazione che sta lavorando attraverso importanti progetti per l’ulteriore miglioramento dei nostri allevamenti in chiave ambientale, rappresentando un esempio non solo nazionale ma anche internazionale”.

Il progetto Life green sheep, infatti, ha l’obiettivo di convogliare i risultati ottenuti grazie alle conoscenze in vari campi di ricerca piuttosto specializzati in una valutazione del ciclo di vita (Life Cycle Assessment – LCA) dell’intera azienda zootecnica.

 

I numerosi contributi di Italia Next DOP fanno parte di una strategia di lungo periodo che comprende l’attività di Qualivita 2030, il nuovo progetto della Fondazione per promuovere un’alleanza sempre più forte tra ricerca scientifica e DOP economy e per supportare la transizione ecologica delle produzioni agroalimentari di qualità, nel segno della strategia europea Farm to Fork e dell’Agenda 2030 dell’ONU per lo sviluppo sostenibile.

 

“Si tratta di un progetto per il Paese”, ha evidenziato il Presidente di Fondazione Qualivita Cesare Mazzetti “che chiama a raccolta tutta la comunità scientifica, le filiere, i Consorzi di tutela e le istituzioni culturali per affrontare le sfide globali e consolidare il sistema della qualità agroalimentare italiano come riferimento per le indicazioni geografiche a livello internazionale”.