Come snack o durante i pasti, le Gallette di riso e mais bio Ohi Vita sono una fonte di energia per una vita attiva nel segno del benessere

Per la colazione e come accompagnamento a tutto pasto, le Gallette di riso e mais bio Ohi Vita sono energetiche, leggere e croccanti. Prive di glutine e povere di grassi, si prestano ad abbinamenti dolci o salati, ma sono ottime anche da sole per uno spuntino veloce.

 

Riso e mais soffiati, infatti, sono alimenti ricchi di carboidrati complessi (gli amidi) e dall’elevata digeribilità. Nella pratica versione in gallette, diventano disponibili in qualsiasi momento della giornata per dare energia e sostenere una vita attiva nel segno del benessere. Essendo quasi del tutto privi di grassi, riso e mais possono contribuire alla corretta funzionalità dell’apparato cardiocircolatorio, mentre l’assenza di glutine li rende cibi indicati per l’alimentazione dei celiaci.

 

L’uso di consumare cereali secchi, come alimenti indicati per una dieta salutare, grazie alla loro facile digeribilità, si afferma negli Stati Uniti d’America a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, nell’ambito di centri termali e sanatori dell’epoca. John Harvey Kellogg che, insieme al fratello Will Keith Kellogg, inventò dapprima il muesli e poi i cereali soffiati e tostati, era il medico responsabile del Battle Creek Sanitarium a Battle Creek, un rifugio benessere per gli Americani facoltosi dell’epoca. È stato invece il botanico newyorkese Alexander P. Anderson a brevettare nel 1902 “un metodo a secco per gonfiare i materiali di amido di tutti i tipi per renderli porosi, migliorando così il loro valore nutritivo e rendendoli più prontamente e completamente digeribili”. Portando il cereale a temperatura e pressione elevate, il risultato è una specie di esplosione dell’acqua contenuta nel chicco che determina una espansione fino a dieci volte del suo volume.

 

Oggi il consumo dei cereali soffiati è andato sempre più diffondendosi, come alimento adatto ad una dieta bilanciata e varia, per l’energia che rendono immediatamente disponibile.

 

Attenzione alla qualità e all’ambiente, investimenti in innovazione tecnologica e formazione del personale al servizio della riduzione dell’impatto ambientale, sono i requisiti della filiera produttiva che porta sulla nostra tavole le Gallette di riso e mais bio Ohi Vita.

Coltivare secondo il metodo biologico significa rispettare l’ambiente, la stagionalità e gli equilibri dell’ecosistema rurale, a vantaggio sia dei produttori sia dei consumatori, sempre più consapevoli dell’importanza delle proprie scelte quotidiane per il benessere individuale e del Pianeta.

Per questo, il riso e il mais utilizzati per preparare le Gallette biologiche della linea Ohi Vita sono coltivati senza l’impiego di concimi chimici, diserbanti, anticrittogamici, insetticidi, pesticidi e OGM, contribuendo alla tutela della fertilità dei suoli, riducendo il rischio di esposizione a residui di sostanze chimiche indesiderate e garantendo qualità e sicurezza alimentare del prodotto.

 

E se si pratica molta attività sportiva, le Gallette di riso e mais bio Ohi Vita sono ottime come spuntino con sopra un velo di marmellata o di miele: in questo modo infatti al nostro corpo viene fornita energia immediata (il miele) ed energia a lento rilascio (gli amidi delle gallette).

 

Funghi shitake, clorofilla, moringa ed erbe ayurvediche: i nuovi ingressi 2023 nella dieta degli italiani

Si consolidano anche per il 2023 le tendenze che hanno tenuto banco in cucina per l’anno precedente: tra i fornelli, anche per la crisi energetica ed economica del momento, il no waste, la cucina a chilometro zero, la sostenibilità e il made in Italy saranno vincenti – secondo chef e operatori del settore – nella proposta culinaria, nei ristoranti e al consumo per l’anno nuovo che avanza.

 

Spiega Alessandro Gilmozzi, presidente dell’Associazione italiana Ambasciatori del gusto: “Il 2023 sarà l’anno dei vegetali e della valorizzazione del made in Italy. I prossimi mesi saranno anche mirati alla valorizzazione dell’acqua, perché è importante sprecare sempre meno come fare attenzione alla riduzione dell’energia”. Prosegue Giuseppe Di Iorio, executive chef di Aroma, ristorante 1 stella Michelin a Roma: “Continuiamo a puntare sulla sostenibilità in cucina e sulle ricette sempre più attente a tutte le abitudini alimentari, come le vegetariane e vegane, e alle intolleranze, per prenderci cura di ogni esigenza della clientela. Nel 2023 riconfermo prodotti preziosi come i grani antichi e i legumi, dalle proprietà benefiche e versatili, grazie ai tanti usi, dal pane alle zuppe ai contorni. Come la cicerchia umbra e il fagiolo di Spello. Ma anche la presenza dei vegetali, alternativa alla carne e al pesce sempre più richiesta dalla clientela”.

 

Inoltre, nella dieta degli italiani nel 2023 faranno il loro ingresso, tra i superfood più di tendenza, alghe, erbe ayurvediche e grassi buoni. CiboCrudo, brand italiano di cibo plant-based e crudista, ha sovrapposto i trend dei social TikTok e Instagram con gli studi scientifici e gli argomenti più dibattuti dagli esperti del settore.

 

Rivelando che, se gli ultimi anni ci hanno visto impazzire per avocado, tè matcha e quinoa, il 2023 sarà l’anno della moringa, pianta sub- himalayana ricchissima di vitamina C, vitamina E, beta-carotene e proteine.

 

Nella lista dei nuovi prodotti, c’è da prestare attenzione ai semi di canapa provenienti dalla pianta della cannabis sativa, che hanno un vago sentore di nocciola e sono soprattutto una riserva di acidi grassi omega-3 e vitamine che supportano la salute del cuore, le funzioni cerebrali e il sistema immunitario”. Tra i nuovi ingressi anche le proteine vegetali in polvere che saranno una forma di integrazione alimentare di cui gli sportivi non potranno più fare a meno. Segnalata è anche la clorofilla, indicazione che arriva dal social TikTok. La clorofilla – sostengono gli analisti – è fondamentale per le piante ma ha proprietà antiossidanti, depurative, antimicrobiche, favorisce la digestione ed è utile a riequilibrare la flora batterica dell’intestino oltre ad essere ricca di vitamine.

 

Il 2023 sarà, insomma, l’anno dei grassi buoni, quelli vegetali con l’inserimento nella dieta del burro di cacao, burro di cocco, burri di frutta secca in sostituzione o in alternativa ai grassi animali. Infine spazio ai funghi shiitake per il loro contenuto di beta-glucani, vitamine e amminoacidi e alle erbe ayurvediche con l’obiettivo di potenziare le funzioni cognitive. Non manchano le alghe Irish moss per supporto alla produzione di collagene.

 

 

Alla riscoperta del fico, non solo secco

La coltura del fico, attualmente in declino in Italia ma economicamente molto redditizia, è un ottima risposta per recuperare i terreni altrimenti persi in agricoltura. A questa conclusione è giunto il progetto Ficus carica, un’antica specie con grandi prospettive, finanziato e condotto dall’Università di Pisa che ha approfondito le conoscenze su questa pianta grazie ad un team di genetisti, chimici, fisiologi vegetali, entomologi, arboricoltori e analisti sensoriali del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali.

 

Spiega la professoressa Barbara Conti, coordinatrice del progetto:

 

“Sin dall’antichità e anche oggi, soprattutto nei paesi meridionali del bacino Mediterraneo, il fico fornisce un importante alimento di base anche grazie alla sua grande produttività che dura sino a 50 anni con una produzione annuale di circa 40-100 chili per pianta”.

 

“Tuttavia, In Italia la coltivazione del fico è in netto declino: nel 1960 occupava 60mila ettari, oggi solo 2.000, che producono l’1% della produzione mondiale e tutto questo a fronte di una costante crescita dei terreni salini marginali che nel nostro Paese sono oggi oltre 400mila ettari. Il rilancio di questa coltura è dunque strategico anche in considerazione del quindicesimo obiettivo dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite che punta a proteggere, ripristinare e promuovere l’uso sostenibile del suolo, in particolare foreste, paludi, montagne e zone aride”.

 

I ricercatori dell’Università di Pisa hanno lavorato due anni, dal 2020 al 2022, arrivando a sequenziare il genoma del fico con un metodo innovativo che ha consentito loro di indagare la performance di questa pianta in condizioni di elevata salinità. I risultati hanno così confermato che è una coltura ideale per il recupero dei terreni salini marginali. La salinità del terreno non determina infatti una variazione degli zuccheri totali e dei principali componenti dei frutti. Anzi, le capacità difensive della pianta migliorano.

 

La coltivazione di fico in Italia è concentrata al Sud e, più precisamente, in tre regioni: Calabria, Campania e Puglia, dove è presente oltre il 90% della produzione nazionale. I frutti del fico sono tradizionalmente impiegati all’interno di due filiere: quella del fresco e quella del trasformato, soprattutto per la produzione di fichi secchi.

 

Negli ultimi tempi, però, stiamo assistendo a un costante incremento degli impianti di fico e alla richiesta di nuove piante: oggi, nella provincia di Cosenza, sono presenti circa 2.000 ettari di ficheti e un vivaio specializzato per la produzione di piante di Dottato bianco di Cosenza, particolarmente adatte all’essiccazione. In Campania, invece, la coltivazione prevale in particolare nel Cilento dove trova terreno la Dop Fico Bianco del Cilento, mentre in Puglia sono presenti circa 500 ettari a ficheto destinati prevalentemente alla produzione di frutti freschi nella varietà Petrelli. Si tratta, epr lo più, di imprenditori che stanno investendo in nuovi impianti, proprio per la capacità del fico di resistere e contrastare i cambiamenti climatici.

 

La Dieta Mediterranea? Ora s’insegna anche nelle scuole

Dalle cucine degli italiani alle tavole di tutta Europa. La Dieta Mediterranea approda nelle Scuole italiane allestero con il progetto didattico Dieta Mediterranea come modello di dieta tradizionale, sana e sostenibile. Promosso dal Ministero della Salute, in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), il progetto punta a valorizzare la Dieta Mediterranea nel rispetto degli impegni dellAgenda ONU 2030 per lo Sviluppo Sostenibile: “Sono previste azioni di educazione e sensibilizzazione delle nuove generazioni sulle caratteristiche di una dieta sana ed equilibrata e sulla prevenzione del sovrappeso e dell’obesità, con un focus sui disturbi alimentari e sui loro fattori di rischio”.

 

Gli incontri nelle scuole, dalla durata di un giorno e mezzo, prevedono eventi divulgativi e attivita pratiche curate dalle associazioni di categoria inserite nel progetto, con le quali sono previsti approfondimenti degli aspetti culturali della dieta, della prevenzione e degli sprechi alimentari e una serie di video per la preparazione e la modalita di cottura di piatti semplici legati alla trazione. Non è un caso che il nostro Paese si faccia promotore di questa che non è solo una dieta ma un vero e proprio modo di vivere. Perché l’Italia, con cinque riconoscimenti Unesco nel settore agro-food, ha raggiunto il primo posto in classifica tra le nazioni premiate dall’Agenzia ONU.

 

In particolare, i riconoscimenti riguardano l’arte dei pizzaioli napoletani, la cava e ricerca del tartufo, la transumanza, la pratica agricola della coltivazione della vite ad Alberello di Pantelleria e, ovviamente, la Dieta Mediterranea che è anche il primo riconoscimento di sempre nella storia UNESCO in ambito di cibo e pratiche alimentari. Secondo il presidente dell’organo degli esperti mondiali dell’UNESCO Pier Luigi Petrillo, professore di Cultural Heritage alla Luiss Guido Carli di Roma e direttore della cattedra Unesco dell’Università Unitelma Sapienza:

 

“L’Italia, da questo punto di vista, è una potenza mondiale”. Anche perché la Dieta Mediterranea, che si caratterizza per ingredienti freschi, integrali e ricchi di antiossidanti naturali, è prima di tutto buona.

 

La Dieta Mediterranea, infatti, va ben oltre il cibo: negli anni sono state inserite anche attività come l’esercizio fisico moderato e regolare, il riposo, la convivialità e altri comportamenti che contribuiscono a definire un modello sostenibile di vita. Una sostenibilità che parte dalla considerazione di come produrre frutta, legumi, verdura e cereali necessiti un impiego di risorse minore in confronto alla produzione di carni e di grassi animali. Ma anche di come consumare prodotti di stagione, locali e dalla grande biodiversità possa determinare un tipo di sostenibilità coerente con il rispetto dei terreni, della rotazione delle coltura e della filiera corta.

 

Da Oltreoceano è arrivato anche un nuovo riconoscimento da parte della scienza: secondo un nuovo studio condotto su quasi 7.800 donne, una maggiore aderenza a questo regime alimentare si associa a un minor rischio di problematiche nella gravidanza. A firmare la ricerca sono scienziati del Columbia University Irving Medical Center di New York e di diversi centri e università americane. Il risultato principale osservato è che più si seguono i principi delle Dieta Mediterranea e minore è il rischio di sviluppare esiti avversi nella gravidanza: “Il modello di Dieta Mediterranea, che è stato collegato alla salute e alla longevità, è caratterizzato da elevata assunzione di alimenti a base vegetale come verdure, legumi, frutta, noci e grassi monoinsaturi, abbinati a un basso apporto di grassi saturi e carni lavorate”, spiegano gli scienziati.

 

 

Polpette, frittate e timballi: l’arte del riuso nella cucina italiana

Larticolo 5 del Codice Etico dellAccademia Italiana della Cucina afferma solennemente che essa è contraria allo spreco di cibo. A fronte della fame nel mondo, tale spreco è un fenomeno intollerabile sotto il profilo ambientale, sociale ed etico”. Apre così l’introduzione del presidente dell’Accademia Italiana della Cucina Paolo Petroni al libro La cucina del riuso, disponibile gratuitamente online sul sito dell’Accademia.

 

Una tradizione molto italiana, quella di creare e ricreare meraviglie gastronomiche partendo sia dagli scarti, come bucce di patate, di carote, di piselli, di carciofi, che hanno la loro dignità se ben preparate.

 

Ma anche, se non soprattutto, dai veri e propri avanzi di pane, pasta, riso, pesce, carne e verdure che generano prelibatezze regionali come il pancotto, la pappa al pomodoro, la ribollita, il timballo e la frittata di maccheroni, oltre al polpette e polpettoni.

 

Un mondo attuale e saporito che il libro percorre regione per regione, partendo dalle formidabili zuppe e dolci popolari valdostani come la vapelenentze (brodo di carne e di cavoli verza, a volte brasati-arrostiti, fette di pane raffermo, a volte ricoperto di burro fuso e passato in padella, fontina, cannella e noce moscata) o lou pan perdu (fette di pane raffermo messe nel latte per ammorbidirlo, poi nell’uovo sbattuto e fritte, sulla stufa, con tanto zucchero). E attraversando tutto il nord Italia, compreso il Piemonte con il brus, una saporita crema ricavata dagli scarti e dagli avanzi di formaggio che, racchiusi in contenitori di coccio, fermentavano per la presenza di batteri, e la Liguria con la tradizione del minestrone fritto, ovvero avanzato, compattato, cotto e servito sui gozzi o chiatte che, avvicinandosi a vascelli e galeoni ormeggiati in porto, lo vendevano facendosi calare dall’alto il recipiente.

 

Ricette e tradizioni popolari s’intrecciano in questo libro in una narrazione che percorre tutto lo stivale fino ad arrivare alla prassi quotidiana del riuso del pane in Sicilia con la panzaneddra di Enna, riferimento al duca Alfio Panzanella che la importò riscuotendo facile e largo successo, oppure, in Sardegna, con il pane frattau ottenuto con il recupero del pane carasau in procinto di diventare acido: un piatto così povero, in origine, che chi era benestante se lo preparava rigorosamente a porte chiuse, affinché i vicini non ne venissero a conoscenza…

 

Perché la cucina del riuso non è solo una questione economica e di rispetto dell’ambiente, ma anche di memoria e tradizione: “Basta chiudere gli occhi, immaginare di entrare in una stanza di una casa rurale o in una del centro storico con il camino, o con la cucina economica a scaldare l’ambiente, sentire il profumo di una fetta di polenta messa ad abbrustolire, o di una minestra accompagnata da crocchette di patate o di riso, o da un polpettone di verdure, e abbandonarsi alla magia dell’autunno, ai ricordi di un tempo e alla

nostalgia di quella bellezza semplice che ci accompagna ancora oggi”.

 

Il basilico? Si coltiva sul fondo del mare

Uno strano giardino sottomarino che mette assieme le immersioni subacquee con il giardinaggio: dal 2012 alcune biosfere ancorate al fondo del mare di fronte a Noli in Liguria hanno cominciato a ospitare coltivazioni di basilico e di altre colture. L’estate successiva al 2012 Nemo’s Garden, questo il nome del progetto, “si espande con la costruzione di due biosfere da 800 litri. Nell’estate 2014, il progetto ha aggiunto una biosfera da 2.000 litri e ha iniziato a coltivare insalata. Nel 2015, Nemos Garden si è ampliato aggiungendo più di 30 nuove colture: pomodori, fagioli, piselli, erbe aromatiche e persino fiori”.

 

Si tratta di serre subacquee che sono in grado di far germogliare piante nelle profondità del mare. A tutti gli effetti delle nuove superfici coltivabili. Un’idea nata da Sergio Gamberini, ingegnere e fondatore dell’azienda italo-americana produttrice di attrezzature subacquee Ocean Reef, che ha costruito questo piccolo modo ecologico. Un progetto che può aiutare a contrastare la crisi alimentare senza consumare terre coltivabili di superficie o senza usare inquinanti e pesticidi.

 

“In un pianeta composto da più del 71% di acqua, per incentivare la coltivazione senza bruciare alberi e foreste, perché non prendere in considerazione gli Oceani?”.

 

Le piante hanno bisogno di quattro delicati e fondamentali fattori: una temperatura stabile né troppo alta né troppo bassa, acqua dolce, luce e un ambiente protetto. Le cupole di Nemo’s Garden racchiudono tutte queste caratteristiche. “Le biosfere si sono trasformate in osservatori sottomarini pressurizzati e hanno iniziato ad attrarre turisti. I giardinieri subacquei hanno iniziato a mantenere il progetto attivo tutto l’anno, invece di chiudere per l’estate. Lutilizzo dellenergia rinnovabile sfruttata dal sole e dellacqua dolce ottenuta dalla dissalazione dellacqua di mare fanno del Giardino di Nemo un sistema autosostenibile”.

 

Il microclima e le condizioni termiche all’interno delle biosfere sono, infatti, ottimali per la crescita delle piante e la resa dei raccolti, non diversamente da una serra convenzionale, ma non richiedono fonti energetiche aggiuntive. Per fare germogliare le piantine il procedimento è simile a quello tradizionale: la luce del sole filtra attraverso il metacrilato delle biosfere e scalda laria, creando lideale temperatura per le piante. In questo modo i sali marini scendono nello strato sottostante e l’acqua evaporata si condensa in goccioline d’acqua dolce sulle pareti della biosfera. Il liquido passa in particolari condensatori in cui viene aggiunto del fertilizzante che nutre le piante chiudendo il cerchio.

 

Un perfetto equilibrio autosufficiente, che non necessita di energia se non di quella per mantenere costante la temperatura interna alla biosfera, grazie a pannelli solari in superficie, ancorati a delle boe. “Al centro del Nemo’s Garden si trova l’Albero della Vita, una struttura metallica alta quasi 4 metri e larga 3 metri che pesa circa mezza tonnellata. Simboleggia l’evoluzione e la lotta per l’innovazione e il progresso tecnologico, suggerendo uno slancio verso il futuro. LAlbero della Vita svolge anche unimportante funzione, in quanto nasconde i cavi che corrono verso ogni biosfera e consente di monitorare larea dallalto, controllando i livelli di luce attraverso un feed live della telecamera”.

 

 

Per bambini e ragazzi mangiare bene è un diritto: i sette consigli alimentari della Società di Pediatria Italiana

Carenza di proteine (per il 5,2% dei bambini tra i 1 e 15 anni); mancanza di frutta e verdura (per il 32% degli adolescenti 11-17enni); obesità per il 17% dei bambini/e tra i 5 e 9 anni. Anche nel nostro Paese la povertà alimentare infantile può colpire in modi diversi un bambino su venti, seppure con notevoli differenze territoriali. Per questo nella XIII edizione dell’Atlante dell’infanzia a rischio in Italia “Come stai?”, la Società Italiana di Pediatria (SIP) ha deciso di promuovere la diffusione delle principali buone pratiche da seguire per una alimentazione sana ed equilibrata in età pediatrica e adolescenziale.

 

“Il modello alimentare di riferimento è la Dieta Mediterranea, ricca di alimenti di origine vegetale (verdure frutta, cereali integrali, legumi, semi), caratterizzata dall’impiego di olio di oliva come principale fonte di grassi aggiunti e da un consumo moderato di pesce, uova, pollame e prodotti caseari abbinato ad un ridotto consumo di carne rossa – ha spiegato Elvira Verduci, Consigliere Nazionale SIP e Professore Associato di Pediatria all’Università degli Studi di Milano -. Diversi studi su bambini e adolescenti hanno dimostrato che minore è l’aderenza al modello mediterraneo e maggiore è la prevalenza di sovrappeso e obesità”.

 

Ecco i 7 consigli che sono stati elaborati dalla Società Italiana di Pediatria:

  • Non solo cibo, ma anche convivialità: mangiare insieme in famiglia (almeno 5 volte alla settimana) è un momento importante e aiuta a mantenere una dieta più ricca e varia, tanto che risulta avere un effetto protettivo contro lo sviluppo di sovrappeso e obesità nei bambini.
  • Consumare 5 pasti giornalieri fino ai 12 anni: oltre ai 3 pasti principali (colazione, pranzo e cena), si raccomanda dunque di consumare 2 spuntini, uno a metà mattina e uno a metà pomeriggio con l’intenzione di ridurre la fame fino al pasto successivo.
  • Non saltare mai la prima colazione: consumare cibo nella fascia oraria compresa tra le 6 e le 9 del mattino riduce il rischio di sviluppare obesità in età pediatrica.
  • Fare attenzione alla composizione del pasto: limitare il consumo di cibi da fast food nel bambino e gli snack, con elevato contenuto energetico, ricchi in grassi saturi, zuccheri raffinati e sale, significa ridurre il rischio di sviluppare obesità e sovrappeso.
  • Limitare le bevande zuccherate: causano una eccessiva introduzione di zuccheri liberi sia in bambini che adulti; la raccomandazione è quella di proporre ai bambini un adeguato consumo quotidiano di acqua.
  • Attenzione alle porzioni degli alimenti: poiché il consumo alimentare giornaliero dei bambini a partire dai 4 anni è influenzato dalla dimensionedella porzione che viene servita loro, i genitori devono esercitarsi a stimare porzioni corrette per i propri figli in base all’età.
  • Incoraggiare un’attività fisica giornaliera: 60 minuti di attività fisica quotidiana di intensità moderata/­vigorosa sono necessari per tutti i soggetti di età compresa tra 3 e 17 anni, così come sarebbe da limitare il tempo speso davanti agli schermi specialmente durante i pasti.

 

 

L’importanza del freddo: una migliore refrigerazione aiuta a evitare lo spreco alimentare

Le stime FAO indicano come il 14% del cibo prodotto per il consumo umano vada perso prima di raggiungere la tavola, mentre il 17% venga del tutto sprecato. Una quantità sufficiente per sfamare oltre 1 miliardo di persone, senza considerare che la perdita e lo spreco di cibo rappresentano anche l8-10 per cento delle emissioni globali di gas serra, contribuendo a generare un clima instabile ed eventi meteorologici estremi come siccità e inondazioni.

 

In questo senso, anche la mancanza di una refrigerazione efficace del cibo costituisce una delle cause principali che portano a determinare questo spreco causando la perdita del 12% della produzione alimentare totale.

 

Secondo il Rapporto Sustainable Food Cold Chains. Opportunities, Challenges and the Way Forward, pubblicato da UNEP (United Nations Environment Programme) e FAO, proprio lo sviluppo di catene del freddo sostenibili potrebbe determinare una riduzione consistente delle perdite e dello spreco alimentare.

 

Per affrontare tale tematica a livello globale si è formata, a seguito del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente , la Cool Coalition che, attraverso lo sforzo unificato di governi, imprese, mondo scientifico e società civile, punta ad accelerare un programma di raffreddamento sostenibile del clima. La coalizione lavora per generare un cambiamento dei comportamenti, per una nuova progettazione degli edifici sostenendo l’efficienza energetica e le energie rinnovabili, ma anche per capire in che modo la catena del freddo possa diventare sostenibile.

 

 

Per esempio, quantificando e confrontando luso di energia e le emissioni di gas serra nelle catene del freddo alimentari esistenti e valutando, in questo senso, le migliori opportunità di riduzione. E sviluppando standard minimi di efficienza e monitoraggio, oltre che promuovendo gli impatti positivi delle catene del freddo sostenibili.

 

Secondo il rapporto, i soli Paesi in via di sviluppo, qualora sviluppassero lo stesso livello di efficienza infrastrutturale nella catena del freddo alimentare dei Paesi sviluppati, potrebbero risparmiare dallo spreco qualcosa come 144 milioni di tonnellate di cibo all’anno. Ecco perché le catene del freddo alimentari sostenibili diventano sempre più centrali nella lotta per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile presenti anche nell’Agenda 2030 dell’ONU. Spiega QU Dongyu, direttore generale della FAO: “Tutte le parti interessate possono contribuire a mettere in pratica i risultati di questo rapporto, per trasformare i sistemi agroalimentari in sistemi più efficienti, più inclusivi, più resilienti e più sostenibili; per una migliore produzione, una migliore nutrizione, un ambiente migliore e una vita migliore per tutti, senza lasciare indietro nessuno. In India, un progetto pilota della catena del freddo alimentare ha, per esempio attraverso un maggiore uso del trasporto refrigerato, portato alla riduzione delle perdite di kiwi del 76% diminuendo al contempo le emissioni nocive.

Le mele alla prova del cambiamento climatico, per offrirci sempre tutto il sapore croccante e fresco dei loro benefici

“Una mela al giorno leva il medico di torno”, recita il proverbio popolare. E in effetti questo frutto, raccoglie nella sua polpa croccante e succosa, ma anche nella buccia, un autentico patrimonio di sostanze benefiche. Non a caso si tratta di uno dei frutti più popolari e salutari, che in Europa viene prodotto soprattutto in Polonia e in Italia.

 

Con pochissime calorie, e un basso contenuto di zuccheri, infatti, la mela è ricca di fibre, preziose per la salute dell’apparato gastrointestinale, di sali minerali, vitamina C, vitamine del gruppo B, e flavonoidi, dagli effetti antiossidanti e utili per rafforzare le mucose, le unghie e i capelli, oltre a combattere la stanchezza e l’inappetenza.

Da alcuni studi, è emerso inoltre che la pectina contenuta nelle mele, fermentando nell’organismo, produce acido butirrico, una sostanza che i ricercatori stanno studiando come elemento essenziale nei farmaci antitumorali.

 

Il nostro Paese rientra tra i 10 maggiori produttori al mondo. Non mancano tuttavia le criticità, legate al cambiamento climatico, ma anche al particolare contesto internazionale.

 

L’ultima edizione di Interpoma, tenutasi a Bolzano, ha consentito di fare punto della situazione, mettendo in luce che le sfide principali del settore, che per la stagione 2022-2023 si chiamano costo dell’energia, mancanza di manodopera e riduzione dei consumi per l’aumento dell’inflazione.

 

“Un quadro europeo complicato, ha commentato Alessandro Dalpiaz, direttore di Assomela. I dati provvisori che riguardano l’Italia, che vale intorno al 22% della produzione europea di mele (dato in valore), fra i principali Paesi con Polonia e Francia, vedono poco più di 2 milioni di tonnellate, sostanzialmente in linea con la produzione 2021. Risulta in crescita la produzione biologica, che ha raggiunto le 220mila tonnellate rispetto alle 190mila della scorsa stagione.

 

Circa le diverse varietà, si registrano alcuni elementi di novità: la produzione della Golden Delicious scende, mentre cresce la Red Delicious; per la Gala il consuntivo è leggermente inferiore a quello del 2021; per la Granny Smith la produzione è più alta della media; così per le nuove varietà come la Cripps Pink; costante invece la produzione della mela Fuji.

Ma è soprattutto il caldo eccessivo protrattosi fino al tempo della raccolta ad avere degli effetti di ricaduta negativi. Quest’anno, infatti, una percentuale più alta della media delle mele raccolte non sarà destinata al mercato fresco o non potrà essere venduta come merce di prima categoria. A soffrire sono state in modo particolare la varietà Gala insieme a quelle più precoci. A causa degli alti costi dell’energia, del packaging e di tutti i passaggi delle lavorazioni, inoltre, le mele di qualità bassa potrebbero non essere poste in conservazione.

 

In questo contesto, assume un rilievo ancora più importante il progetto di economia circolare portato avanti nell’ambito del Pei (Partenariato europeo per l’innovazione),  con capofila Codipra Trento e la collaborazione di Agriduemila Hub Innovation, Fondazione Edmund Mach e Melinda finalizzato all’impiego di parte delle mele irreparabilmente danneggiate dagli eventi atmosferici per produrre un fertilizzante con proprietà ammendanti, a chilometro zero, adatto ad arricchire il suolo senza asportare ulteriori risorse prime.

 

Tutto quello che c’è da sapere sui vini biologici italiani lo racconta la Guida Bio 2023

Qualità, sicurezza e legame con il territorio di provenienza, è quanto ci aspettiamo dai vini biologici, che sempre più incontrano il favore dei winelover appassionati.  Per conoscere davvero la produzione italiana di vini biologici arriva in libreria la quarta edizione della Guida Bio 2023, a cura di Antonio Stanzione (Edizioni dell’Ippogrifo).  La presentazione nazionale della Guida si svolgerà il prossimo 14 gennaio a Salerno, con un doppio evento che vedrà l’assegnazione della Foglia d’Oro 2023 (massimo riconoscimento della Guida Bio) alla migliore produzione vitivinicola e insieme un’occasione di assaggio delle etichette più esclusive.

La Guida Bio 2023 attraversa tutta l’Italia da Nord a Sud, regione per regione, allo scopo di diventare una vera e propria mappa per orientarsi alla ricerca di prodotti di qualità e al 100% biologici. Si tratta infatti di “un progetto di divulgazione e promozione della viticoltura biologica e sostenibile, concepita con l’idea di preservare la natura e rispettare la salute del consumatore”.

 

La Guida permette così di conoscere l’esperienza delle aziende, le loro scelte, la loro filosofia produttiva, la loro storia e la loro visione, il legame con il territorio, il loro processo di ricerca e innovazione in una logica di miglioramento continuo.

 

“È il primo atlante del vino biologico in Italia. Una buona prassi da diffondere anche in Europa”, così Paolo De Castro scrive nella prefazione del volume.«La Guida Bio 2023 a cura di Antonio Stanzione è una pubblicazione innovativa e interessante in quanto intercetta un settore, come quello del biologico, importante nel momento che stiamo vivendo legato alla transizione ecologica», sottolineano dalla Casa editrice.

 

Con oltre 2000 vini degustati e recensiti – tutti rigorosamente alla cieca dalle varie commissioni regionali – e 500 aziende raccontate, il volume è suddiviso in 20 capitoli, uno per ogni regione italiana, eccezion fatta per Friuli Venezia Giulia e uno “sconfinamento” in Istria.

 

In ogni regione sono stati selezionati e inseriti i produttori in ordine alfabetico di azienda, per ogni cantina sono stati indicati i dati di contatto, una sintetica descrizione aziendale, una breve degustazione dei vini completa di punteggio e prezzo.

La valutazione prevede un punteggio da 2 a 5 foglie. È stata, inoltre, assegnata la foglia d’oro, una menzione speciale per i vini che si sono distinti per eleganza, qualità e specificità.

«Guida Bio è l’unica guida nazionale dedicata esclusivamente ai prodotti derivanti da agricoltura biologica – conclude Stanzione -. Una particolare attenzione è stata posta non solo alla qualità ma anche all’estetica, con la premiazione dell’etichetta più accattivante. Il nostro è un progetto di divulgazione e promozione del biologico italiano. In questo modo, ci impegniamo ad offrire il nostro sostegno».