Energetici e dal sapore delicato, i Ceci bio Ohi Vita pronti all’uso mettono nel piatto sostenibilità, gusto insieme a un ricchissimo profilo nutrizionale

Oggetto di una riscoperta sempre più diffusa, i legumi rappresentano i nuovi protagonisti della dieta degli Italiani, che secondo i dati Istat nel 2020 li hanno consumati almeno una volta alla settimana per il 53%, con una crescita dei consumi del 15% negli ultimi 10 anni.

 

Del resto, i legumi sono sempre più consigliati in un regime alimentare equilibrato e completo che voglia variare le fonti proteiche e sostenere l’organismo nelle sue funzioni quotidiane.

 

I ceci in particolare presentano un elevato contenuto di proteine, fibre, potassio, calcio, fosforo, magnesio e ferro, e di vitamine del gruppo A, B, C, E, K, risultando al contempo privi di glutine.

 

Forse per questo il loro stesso nome latino cicer, proviene dal greco Kikis che vuol dire forza e vigore, ad indicare un cibo da sempre considerato nutriente e alla portata di tutti.

I ceci vantano numerose proprietà per il loro profilo nutrizionale. Aiutano infatti a: controllare la glicemia, grazie al basso contenuto di zuccheri; regolarizzare l’intestino per la ricchezza di fibre; favorire la diuresi, in virtù dell’elevato contenuto di potassio. Inoltre, la presenza di zinco contribuisce alla salute delle ossa e quella di magnesio aiuta a proteggere il sistema nervoso e a rafforzare le difese immunitarie. Soprattutto i ceci sono un alimento amico delle donne, nelle diverse fasi della loro vita: l’elevato contenuto di ferro protegge le più giovani dal rischio di anemia, mentre la presenza di folati (Vit. B9) li rende un alimento utile durante la gravidanza e l’allattamento.

 

Poveri ma buoni, fin dai secoli passati. I legumi sono stati le proteine delle classi meno abbienti. O dei nobili decaduti. Anche il famoso Don Chisciotte, il protagonista del celebre romanzo di Miguel de Cervantes, infatti andava ghiotto di ceci, ingrediente imprescindibile della olla, un ricco piatto popolare spagnolo. “Una olla, più vacca che castrato, brincelli di carne in insalata, il più delle sere, frittata in zoccoli e zampetti il sabato, lenticchie il venerdì, un po’ di piccioncino per soprappiù la domenica esaurivano i tre quarti dei suoi averi”: così Cervantes descrive la dieta settimanale di Don Chisciotte. La olla è un bollito misto ottenuto con pezzi di carne, verdure e ceci. Don Chisciotte durante un banchetto con il Governatore dell’isola di Barrattaria, gusterà anche la Olla Podrida, la versione ricca e festiva, di cui soprattutto va ghiotto il fedele scudiero Sancho Panza. E qui al bollito con ceci e altri legumi si aggiungono diversi tagli di carne, pollo, prosciutto crudo o pancetta; poi verdure e ortaggi come porri, cipolle, cavolo, patate e lattuga. Una pietanza che sembra piacesse molto soprattutto all’autore.

 

Ma c’è un’altra caratteristica dei ceci, come leguminose, da tenere presente in questo periodo di crisi climatica: i ceci sono colture molto resistenti che arricchiscono i suoli di azoto, aumentandone fertilità e produttività.

Secondo un Rapporto della FAO, dal titolo “Suolo e legumi: simbiosi per la vita”, tra legumi e terreni si istituiscono alleanze strategiche utili per sviluppare una agricoltura e un sistema alimentare più sostenibile. I legumi, come ceci, fagioli e lenticchie, infatti, non solo sono colture resistenti che offrono cibo ad alto contenuto nutrizionale ma, fissando l’azoto, contribuiscono alla salute ed alla fertilità del terreno a vantaggio delle colture successive, migliorando la produttività. Si è calcolato che in media, i cereali coltivati in rotazione con i legumi producono 1,5 tonnellate per ettaro in più rispetto a quelli non preceduti da legumi, con un effetto che corrisponde all’impiego di ben 100 Kg di fertilizzanti.

 

I Ceci lessati della linea Ohi Vita sono coltivati secondo il metodo biologico, che esclude l’impiego di l’utilizzo di concimi chimici, diserbanti, anticrittogamici, insetticidi, pesticidi e OGM, e contribuisce alla tutela della fertilità dei suoli.

 

 

Quando abbronzatura fa rima con frutta e verdura: la Top ten di Coldiretti per una “tintarella della salute”

Una bella abbronzatura si conquista anche a tavola, consumando in abbondanza frutta e verdura fresca. Tutto merito delle vitamine, che favoriscono la produzione di melanina, ma anche dei Sali minerali, preziosissimi per difenderci dal caldo, e dell’acqua che i vegetali contengono. Una corretta idratazione, con almeno un litro e mezzo o due di acqua al giorno, è infatti la migliore assicurazione per garantirci una tintarella dorata e omogenea oltre che per difenderci dai disturbi legati alle alte temperature.

 

Ma quando si parla di dieta per l’abbronzatura, quali sono gli alimenti da preferire? Ci ha pensato Coldiretti a stilare una vera e propria classifica di frutta e ortaggi capaci di favorire quel colorito ambrato che ci rende tutti più attraenti, raccomandando comunque di attenersi sempre alle precauzioni consigliate, ovvero evitare di esporsi nelle ore più calde, tra le 12 e le 15, utilizzare una crema solare con un fattore di protezione adeguato al proprio fototipo, proteggersi con indumenti e cappelli e limitare l’esposizione al sole dei bambini.

 

E a tavola, che cosa possiamo scegliere per garantirci quella tintarella che quest’anno ben 7 italiani su 10 (71%) hanno dichiarato di considerare un “obiettivo” delle vacanze estive e del tempo libero, anche per lasciarsi un po’ alle spalle le preoccupazioni di questi ultimi anni?

 

Tra gli alimenti che ci possono aiutare a mettere da parte il pallore dell’inverno spiccano tutti quelli che contengono buone quantità di betacarotene, il precursore della vitamina A, che favorisce la produzione della melanina, il pigmento scuro con cui la nostra pelle si protegge dai raggi del sole, e che, avendo proprietà antiossidanti, aiuta a combattere i radicali liberi, responsabili dell’invecchiamento.

 

Sul podio del “cibo che abbronza” troviamo dunque i cibi dal colore giallo e arancione, come le carote, che con 1200 microgrammi di Vitamina A (o quantità equivalenti di caroteni) per 100 grammi di parte edibile, sono il cibo abbronzante per definizione. Meno scontato è il secondo posto degli spinaci, con ben 600 mg di vitamina A per 100 g, e, a pari merito, del radicchio rosso. Al terzo posto troviamo le albicocche, ma scopriamo che sono pro-tintarella anche cicoria, lattuga, melone e sedano, peperoni, pomodori, pesche, cocomeri, fragole e ciliege che presentano contenuti elevati di vitamina A o caroteni.

 

Questa la Top ten della tintarella della salute, secondo Coldiretti. (A lato è riportata in microgrammi la Vitamina A o la quantità equivalente di caroteni per 100 grammi di parte edibile).

  1. Carote 1200
  2. Spinaci e radicchi 500-600
  3. Albicocche 350-500
  4. Cicorie e lattughe 220-260
  5. Meloni 200
  6. Sedano 200
  7. Peperoni 100-150
  8. Pomodori 50-100
  9. Pesche e nettarini 100
  10. Cocomeri, fragole e ciliegie 10-40

E se vogliamo essere certi che la nostra dieta ci aiuterà a garantirci una tintarella dorata in tutta sicurezza, basta inserire nei nostri menu anche i semi di lino, la frutta secca e l’olio extravergine d’oliva per fare la scorta di Vitamina E, indispensabile per mantenere elastica e fresca la nostra pelle.

 

Senza dimenticare che in caso di scottature possono risultare utili come rinfrescanti di pronto uso delle maschere di fette di anguria o di polpa di mela grattugiata da stendere sulla pelle irritata e disidratata.

 

E ora… Buona tintarella a tutti!

Dolce, nutriente e gustoso: ecco il mais, il cereale più coltivato al mondo che Cristoforo Colombo portò con sé dall’America

Granturco, granoturco, frumentone, granone: il mais ha tanti nomi per la sua grande popolarità e per la versatilità d’uso. Cereale energetico, ricco di carboidrati complessi, in prevalenza amidi e privo di glutine, il suo apporto calorico risulta più basso rispetto a quello di altri derivati di cereali come riso e pasta.

 

E la sua dolcezza incontra il gusto di grandi e piccoli garantendo un buon apporto di proteine, grassi prevalentemente insaturi, vitamine e molti sali minerali, fosforo, magnesio e potassio. Ha, inoltre, un buona quantità di fibra che può contribuire alla regolarità intestinale.

 

Insomma, un alimento energetico importante le cui qualità erano già apprezzate in Messico e nell’America Latina prima del’arrivo di Cristoforo Colombo. Le popolazioni precolombiane, infatti, lavoravano già il mais quando Colombo arrivò sull’isola che battezzò Hispaniola. I nativi si servivano della pianta del mais come ingrediente fondamentale della loro alimentazione: con spighe, foglie e gambi ricavavano bevande alcoliche, preparavano lo zucchero, nutrivano il bestiame e ricoprivano i tetti delle capanne, mentre le pannocchie venivano abbrustolite sul fuoco e macinate fino a ricavarne una farina. Questa pianta era talmente importante che la tradizione Maya raccontava come gli esseri umani, nella loro ultima e più perfetta incarnazione, fossero stati creati proprio a partire da un impasto di farina di mais e acqua. Quando arrivò in Europa, il mais venne inizialmente coltivato in alcune zone dell’Andalusia, della Francia e dell’Italia. A metà del Cinquecento la sua coltura era talmente fiorente da diventare la base dell’alimentazione dei contadini di tutta la Pianura Padana. Furono loro i primi a chiamarlo granoturco, così da indicare la sua origine misteriosa e lontana.

 

Nel tempo, il mais è diventato uno dei cereali più prodotti e consumati a livello mondiale. Viene utilizzato soprattutto per l’alimentazione, oltre che nella produzione di biocarburanti, per estrarre amido, olio e altre sostanze destinate a utilizzi industriali. In Europa il mais ha radicato importanti produzioni e tradizioni secolari che si riverberano nelle preparazioni della cucina locale di tanti paesi. Ma il mais rappresenta una preziosa risorsa economica anche per l’Italia: è alla base dell’alimentazione zootecnica da carne e da latte, oltre che essere la materia prima di uno dei nostri piatti della tradizione, la polenta. Sta inoltre acquisendo sempre più valore, assieme al riso, nelle diete gluten-free.

 

Ottenuto esclusivamente da sementi biologiche rigorosamente selezionate, il mais dolce Ohi Vita è certificato dal logo Euro Leaf che ne attesta la corrispondenza agli standard di qualità europei. Il mais biologico certificato viene coltivato senza uso di pesticidi, prodotti chimici, attraverso un ciclo produttivo realizzato nel rispetto dell’ambiente e delle persone, in grado di non alterare le naturali caratteristiche del prodotto. Per coltivarlo occorre realizzare un sistema agricolo autosufficiente, che attinge dalle risorse locali, oltre che salvaguardare l’ambiente e la naturale fertilità del suolo, senza dimenticare di eliminare ogni forma di inquinamento presente sui terreni agricoli al fine di produrre alimenti di elevata qualità nutritiva.

 

 

Bandiere verdi Legambiente 2022, 19 storie di sostenibilità lungo l’arco alpino

Tutela dell’ambiente, valorizzazione del paesaggio, agricoltura e filiera agroalimentare, innovazione e servizi smart, comunità locali che fanno rete: sono queste le parole chiave che definiscono

 

l’attribuzione delle 19 bandiere verdi 2022 che Legambiente ha assegnato all’arco alpino premiando realtà, comunità, imprese e start- up, amministrazioni locali, ma anche singoli cittadini che si danno fare per valorizzare il territorio montano rispettando l’ambiente.

 

I vessilli green 2022 che sventolano quest’anno nel nostro Paese sono distribuiti in Piemonte e Friuli Venezia Giulia con rispettivamente 4 bandiere verdi a testa, Lombardia e Trentino con 3 vessilli a testa, Liguria 1, Alto Adige 1, Veneto 2 e, per finire, una di rilevanza nazionale assegnata quest’anno ad Appia, la rete della Pastorizia Italiana. Motivazione? L’avvio del corso sperimentale di formazione e accompagnamento per giovani pastori della Scuola Nazionale di Pastorizia, con l’obiettivo di sviluppare competenze in tema di pratiche agricole sostenibili e per la gestione del pascolo.

 

Tra le realtà premiate c’è la Fondazione Castel Pergine – Pergine Valsugana (TN) che ha deciso di acquistare, con sottoscrizione popolare, il Castello di Pergine per tutelarlo come bene comune, farne un centro di conoscenza e cultura e un modello di turismo sostenibile. C’è la Società Sviluppo Turistico Grumes Srl (TN) per limpegno nel rivitalizzare un piccolo paese di mezza montagna, Grumes, che è diventata la più piccola Cittaslow del mondo. Vessillo verde anche a Rotzo, il comune dell’altopiano di Asiago (VI) premiato per lEcomuseo Cimbro dei Sette Comuni (Comune di Rotzo – Provincia di Vicenza), legato alla valorizzazione ambientale e storica degli antichi percorsi e sentieri e per l’attenzione rivolta all’aspetto etnografico/culturale, oltre che delle sue radici Cimbre e preistoriche. L’attenzione per la montagna, per la cura e il volontariato sono anche le motivazioni che hanno portato alla bandiera assegnata all’ITIS Q. Sella di Biella e al Gruppo Alpinistico Scolastico (GAS) delle scuole primarie e secondarie dell’IC di Valdilana (BI) che, insieme alle sezioni locali del CAI, hanno svolto un importante lavoro di manutenzione e segnalazione di oltre 150 km di sentieri delle valli Oropa, Elvo e Cervo.

 

Ha spiegato Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente: “In questi vent’anni attraverso la nostra campagna di Carovana delle Alpi abbiamo raccontato larco alpino con le sue storie di sostenibilità ambientale che arrivano dal basso e che lasciano ben sperare, e al tempo stesso abbiamo anche puntato il dito contro le pratiche dannose per il territorio montano. Oggi la montagna può assumere nuovi significati e valori, non più come territorio disagiato, ma al contrario come spazio dinamico capace di fornire risposte concrete alla crisi ambientale a partire da stili di vita improntati sulla sostenibilità”. In vent’anni Legambiente ha infatti censito 459 situazioni, 241 i progetti meritevoli della bandiera verde e 218 quelli destinatari della bandiera nera, quest’ultima assegnata alla messa in opera di comportamenti che provocano lacerazioni nel paesaggio e nella comunità montana.