Una miniera di gusto e di benessere in un seme piccolo piccolo come quello di chia

Parlare di superfood significa parlare di alimenti che possiedono vitamine, sali, fibre e antiossidanti in misura superiore alla media degli altri alimenti. I semi di chia fanno parte di questa categoria soprattutto per la quantità di Omega3 e di calcio che contengono. Sono, infatti, semi particolarmente ricchi di acidi grassi essenziali, utili per loro azione protettiva del cuore e per potenziare le funzioni del cervello, oltre che per avere effetti benefici sull’umore e per mantenere i livelli normali di colesterolo nel sangue. Sono anche unottima fonte di calcio: ne contengono in una quantità circa cinque volte superiore rispetto a una uguale quantità di latte. Questi semi garantiscono, inoltre, un buon apporto di magnesio che rende il calcio più facilmente assimilabile, il che fa della chia un alimento importante per chi non assume il latte e per le ossa e i denti in generale. Senza dimenticare l’apporto di di fibre che promuovono il buon funzionamento dell’intestino e ne proteggono la salute.

 

I semi di chia sono i semi di una pianta, la Salvia hispanica, che appartiene alle Lamiacee come la menta, la salvia comune e la lavanda. Originari del Messico e del Guatemala, fanno parte dell’alimentazione dell’uomo da oltre 5500 anni.

 

Aztechi e Maya ne facevano largo impiego, non soltanto nella preparazione dei cibi, ma anche in occasione della ritualità religiosa per propiziarsi gli dei e per la preparazione dei medicinali: la chia era così importante che le altre popolazioni sconfitte in battaglia dovevano pagare i propri tributi in queste sementi.

 

La parola chia pare trarre origine da chian che, nella tradizione precolombiana, riprende il concetto di oleoso ma anche di forza: l’attuale stato messicano del Chiapas mutua il nome proprio componendolo da questa parola e significa, infatti, “acqua chia”. Un’altra curiosità è tutta racchiusa dentro questo nome: Svalbard Global Seed Vault che, in italiano, significa Deposito globale di semi delle Svalbard. Si tratta di una vera e propria banca dei semi, il cui scopo costitutivo è quello di proteggere il patrimonio genetico tradizionale delle sementi. Si trova nell’isola norvegese di Spitsbergen, arcipelago artico delle isole Svalbard, a circa 1200 km dal Polo Nord e la struttura è costruita in calcestruzzo per resistere anche, eventualmente, a una guerra nucleare. La chia non poteva mancare di certo in una collezione che si pensa possa arrivare a circa 1.500.000 tipi differenti di semi in un impianto che ha una capacità di stoccaggio di 4.500.000 semi.

 

Una dieta che introduca abitualmente il consumo di semi oleosi come i Semi biologici di Chia Ohi Vita promuove il benessere dell’uomo e insieme tutela l’ambiente. Tracciando un bilancio tra l’apporto nutrizionale dei semi e l’impatto ambientale che genera la loro produzione, infatti, si vede quanto siano vantaggiosi, sia per variare in modo salutare le fonti proteiche alimentari, sia in termini di risparmio di energia e risorse impiegate per produrli, con una conseguente riduzione delle emissioni di CO2. Scegliere i semi oleosi significa scegliere un alimento ricco, gustoso e sostenibile, oggi e per il nostro futuro.

 

 

 

Leggera, gustosa, patriottica: l’insalata Caprese, ovvero il tricolore nel piatto

Pochi ingredienti semplici e saporiti per una delle più storiche e famose preparazioni che dall’isola di Capri è diventata presto una delle bandiere della cucina campana in tutto il mondo. Prima di tutto, i colori: il bianco della mozzarella, il rosso del pomodoro e il verde del basilico, una perfetta armonia di note acide e sapide che compongono un’ideale bandiera del nostro paese a tavola.

 

Parliamo di uno degli antipasti freddi estivi più conosciuti, che con pochi ingredienti di qualità, lavorati il meno possibile e assemblati sapientemente tra loro, compone in pochi minuti un piccolo capolavoro di gusto.

 

La data di nascita di questa combinazione magica viene di solito fatta risalire al 1920, presso il celebre Hotel Quisisana di Capri, in occasione di una cena dedicata al fondatore del movimento futurista Filippo Tommaso Marinetti.

 

Il poeta Marinetti, nel suo Manifesto della cucina futurista, si era più volte espresso contro la cucina di allora, secondo lui eccessivamente carica di grassi e soffritti che causavano pessimismo, senso di pesantezza e propensione alla pigrizia. L’illuminazione dello chef del ristorante fu, allora, di proporre questo piatto pienamente futurista: leggero, gustoso e patriottico. Il successo fu immediato e l’insalata Caprese superò presto i confini isolani diventando icona gastronomica della Campania e di tutta l’Italia. Un piatto perfetto per le torride serate estive, in grado di nutrire con gusto e in piena leggerezza.

 

Insalata caprese

 

Ingredienti per 2 persone

  • 4 pomodori insalatari di Sorrento, ramati o cuori di bue
  • 200 gr di mozzarella fior di latte
  • basilico fresco oppure 1 cucchiaino di origano secco
  • olio extravergine di oliva
  • sale e, volendo, pepe
  • qualche oliva nera a piacere

 

Procedimento

Lavare, asciugare e affettare i pomodori in fette spesse poco più di mezzo centimetro. Disporli su un tagliere di legno e cospargere con il sale. Affettare la mozzarella con uno spessore simile al pomodoro e tamponare con un panno di cotone per assorbire l’acqua in accesso. Preparare il piatto disponendo sul fondo alcune foglie di basilico pulito. Alternare sovrapposte le fette di pomodoro con quelle di mozzarella e con il basilico spezzato con le mani. Aggiungere, volendo, del pepe, delle olive nere al centro e, infine, un giro d’olio. L’origano va bene ma come alternativa e non assieme al basilico.

Più sostenibilità nel bicchiere, la crescita della birra tra tradizione e consumi fuori casa

Una birra fresca alla sera, d’estate ma non solo, sta diventando un rito sempre più diffuso anche in Italia, stabilmente tra le prime tre nazioni per consumo pro capite di vino. Dissetante, di compagnia e, ora, sempre più sostenibile: la birra sta evolvendo e si sta adattando alle esigenze di una società sempre più sensibile alle tematiche ambientali.

 

Orzo da agricoltura sostenibile, riduzione dei consumi di acqua e di elettricità nella produzione, l’impianto di collettori solari nei siti produttivi, packaging riciclabili, compensazione della CO2 nelle attività di lavorazione

 

la birra si adatta al mondo che cambia. E i consumi pro capite sono incredibilmente cresciuti: Coldiretti ha recentemente stimato che nel nostro Paese siamo arrivati a 36,8 litri all’anno diventando anche un traino per l’economia che alimenta una filiera, tra diretto e indotto, da oltre 140mila posti di lavoro.

 

Inoltre, il binomio birra-luoghi della socialità vale oltre 4 miliardi di euro e si stima che tra 5 anni proprio la birra rappresenterà oltre il 50% del business. In particolare, nelle previsioni a 5 anni, la quota delle attività che dipenderanno per metà degli incassi dalla birra passerà dall’attuale 16,7% al previsto 30,2%. È quanto emerge da uno studio commissionato dall’Osservatorio Birra all’Istituto Piepoli, che ha intervistato 200 gestori e proprietari di ristoranti, pizzerie, bar, pub, hotel e locali del Paese, mostrando attese, investimenti e speranze per il futuro degli addetti ai lavori di un settore che conta oltre 300mila pubblici esercizi.

 

L’indagine registra che “non solo la birra resterà la costante del nostro stare insieme, ma la ripresa dei locali italiani ruota attorno a questa bevanda”. Il primo trend attivo registrato dal report è quello di un ritorno alla tradizione, all’insegna della qualità (58,3%). Seconda tendenza emergente, quella che parla di più sostenibilità, anche nel bicchiere di birra (12,5%). Terzo asse del cambiamento è la flessibilità, che si traduce in ampliamento delle fasce orarie (17,7%). Le risposte degli addetti ai lavori delineano un futuro più “liquido rispetto alle vecchie coordinate del fuori casa, momenti e finestre temporali finora definite e sequenziali (colazione-spuntino-pranzo-aperitivo-cena) domani si dilateranno sempre di più. Simbolo di questo cambiamento è “la transizione dall’aperitivo all’italiana al tapeo tipico della tradizione spagnola”, che prevede l’assaggio di cibo e bevande per tutto il pomeriggio”.

 

Già oggi la birra è un ingrediente strategico per la ripresa dei luoghi del fuori casa, dove questa bevanda ha un peso sempre più rilevante, con un valore condiviso di 4.385 milioni di euro. In generale, gli addetti ai lavori del fuori casa apprezzano la dimensione socializzante della birra nei locali. Se per il 35,9% dei locali italiani la birra è già oggi centrale nella propria offerta, il 60,6% dei rispondenti dice che ci sarà sempre più birra domani nei loro locali, principalmente per 3 ragioni: è sempre più richiesta, è poco o per nulla alcolica e permette una buona marginalità. Senza dimenticare la crescita esponenziale della componente della sostenibilità.

 

 

 

Segni particolari? Biologico, 100% italiano, gusto fruttato e aroma gentile… è l’Olio extravergine di oliva Ohi Vita!

Protagonista assoluto della Dieta Mediterranea, l’olio extravergine di oliva è il condimento più sano e ricco di tutti, tanto da essere indicato per tutte le età, perché capace di sostenere la crescita dei più piccoli e contrastare l’invecchiamento dei più grandi. Moltissime ed indiscusse le sue virtù nutrizionali che, oltre che gustoso, lo rendono un vero e proprio toccasana per la nostra salute e la nostra forma fisica. Se poi è biologico, come l’Olio extravergine di oliva della linea Ohi Vita e prodotto utilizzando esclusivamente olive italiane, allora si è certi di scegliere un alimento buono, sicuro, certificato in ogni sua fase, di elevata qualità e ottenuto nel rispetto dell’ambiente e della salute dei consumatori e dei produttori.

 

Ma torniamo alle straordinarie proprietà dell’olio evo a vantaggio del nostro benessere. Grazie alla presenza di acidi grassi insaturi, contribuisce a regolare i livelli del “colesterolo cattivo”, favorendo così il buon funzionamento dell’apparato cardio circolatorio. Protegge l’apparato gastro-intestinale, l’integrità dei tessuti e delle membrane cellulari, contrasta i processi infiammatori e può aiutare a prevenire fenomeni di alterazione delle funzioni cognitive legati all’età. L’olio extravergine di oliva, inoltre, come fonte naturale di vitamina A e di vitamina E, dalla significativa azione antiossidante, è un prezioso alleato per la salute e la bellezza della pelle.

 

Consumarlo quotidianamente, a crudo ma anche in cottura, e prestando attenzione alla quantità, che non deve superare i due cucchiai al giorno (più o meno 10 grammi) per l’elevato contenuto calorico, rappresenta non solo un’ottima abitudine alimentare, ma anche una gratificante esperienza del gusto, che richiama la nostra tradizione agroalimentare più radicata.

 

L’Italia può vantare il più ricco patrimonio di varietà di olive al mondo, con ben 538 cultivar italiane coltivate, che costituiscono circa il 40% di tutte quelle conosciute a livello globale. E l’olivo è l’albero che più di ogni altro descrive la nostra identità culturale e il nostro paesaggio mediterraneo: “Pure colline chiudevano d’intorno marina e case; ulivi le vestivano qua e là disseminati come greggi…” scrive Eugenio Montale, raccontando la Liguria. Si stima che in Italia siano presenti più di 170 milioni di olivi, e che la nostra produzione oggi arrivi a coprire all’incirca il 15% del fabbisogno mondiale di olio di oliva, di cui siamo anche i primi consumatori al mondo.

Ma tra i tutti i pregi attribuiti all’olivo, forse la sua qualità meno conosciuta è probabilmente una delle più importanti in questi tempi di grave crisi climatica. Recenti studi scientifici stanno infatti dimostrando che l’ulivo è un albero che effettivamente migliora il suolo e funge da scudo contro la desertificazione e l’erosione del terreno. Il COI è stato in grado di presentare all’ONU un rapporto in cui si afferma che la produzione di olio d’oliva nel suo insieme restituisce all’ecosistema più di quanto non prenda. “L’effetto di deposito di carbonio (o sequestro di carbonio) dagli alberi di ulivo nella biomassa e nel suolo è molto più alto delle emissioni di gas serra derivanti dalla produzione di un’unità (un litro di olio di oliva)”, segnala il rapporto.

Consumare olio d’oliva dunque fa davvero bene alla salute, soprattutto se è extravergine. Ma anche produrlo fa bene, per la salute dell’ambiente.

 

La sostenibilità? Una questione (anche) di etichetta

Dopo diversi rinvii, con linizio del 2023 dovrebbero definitivamente entrare in vigore le nuove etichette con le indicazioni precise per il riciclo dei materiali di tutti gli imballaggi. Le informazioni contenute nelle prossime etichette ambientali prevedono prima di tutto di indicare la tipologia di imballaggio con una descrizione per esteso o una rappresentazione grafica del contenitore che si tratti di lattina, bottiglia, scatola di cartone, ecc. Saranno indicate anche le diverse parti del contenitore che possono essere separate manualmente e conferite in modo appropriato. Per questo, dovranno infatti essere indicate le informazioni necessarie per potere riconoscere ogni materiale di imballaggio come il Pet, l’alluminio o altro. Ma che cosa si intende per componenti separabili manualmente? Sono quelle parti che lutente può separare completamente, senza rischi e con il solo utilizzo delle mani,  senza dovere ricorrere a ulteriori utensili. Quando gli imballaggi non sono separabili manualmente, allora le etichette dovranno prima di tutto identificate il materiale del corpo principale e le indicazioni sulla sua raccolta.

 

Questo tipo di diciture potranno essere realizzate utilizzando anche i codici colore unificati: finalmente, per aiutare i cittadini a realizzare correttamente la raccolta anche fuori dai luoghi abituali, i colori che identificano i materiali riciclabili saranno uniformati in tutti i Comuni.

 

Inoltre, come informazioni consigliate, si potranno inserire anche dei suggerimenti per una raccolta differenziata di qualità, come quello di sciacquare o di schiacciare il contenitore prima di buttarlo nell’apposito contenitore. È consentito anche il ricorso a canali digitali attraverso il riferimento ad app, QR code e siti web per sostituire o integrare le informazioni riportate sull’imballaggio.

 

Un altro tema centrale che riguarda la sostenibilità e l’educazione alimentare in etichetta, è quella relativa alla data di scadenza degli alimenti. Secondo una recente indagine Altroconsumo, in Italia solo il 37% dei consumatori comprende bene la differenza tra la data di scadenza da consumarsi entro e quella da consumarsi preferibilmente entro. Nel primo caso consumare il prodotto oltre quella data può diventare un rischio per la salute, mentre nel caso del Termine Minimo di Conservazione l’alimento potrebbe iniziare da quella data a perdere parte delle proprie proprietà organolettiche ma può comunque essere ancora perfettamente consumato senza rischi. La ricerca riporta anche come questa incomprensione interpretativa contribuisca a produrre fino al 10% delle 88 milioni di tonnellate di cibo gettato ogni anno in Europa.

 

In questa direzione, Too Good To Go, azienda danese che combatte lo spreco alimentare, ha avviato da un anno una campagna europea che punta a promuovere l’Etichetta Consapevole, ovvero un’ulteriore specifica in etichetta con la dicitura Spesso Buono Oltre per rendere consapevoli i consumatori sul significato di “da consumarsi preferibilmente entro” e per incoraggiarli a valutare con i propri sensi i prodotti alimentari prima di gettare un alimento ancora consumabile. Too Good To Go ha già coinvolto 10 milioni di prodotti presenti sugli scaffali nel 2021 e, grazie all’impegno di 12 nuove aziende, mira almeno a triplicare i numeri nel 2022.

 

Inoltre, gli incentivi, previsti dalla legge di Bilancio 2022, destinati alle imprese produttrici di vini DOP, IGP e biologico che vogliano investire in sistemi digitali per migliorare le attività di promozione verso i consumatori, sono indirizzati allo sviluppo di tecnologie come l’introduzione di un codice a barre bidimensionale (QR code) apposto sulle etichette. In modo da consentire una comunicazione dinamica dal produttore verso il consumatore per aiutarlo a spostarsi digitalmente su siti e sulle pagine web istituzionali dedicati alla promozione culturale, turistica e rurale dei territori locali, oltre che utili per ricevere informazioni sulla produzione dei vini.

Made in Italy: la sostenibilità sempre più al centro del piatto

L’amore globale per il food italiano e quello che rappresenta è testimoniato dalle esportazioni dell’agroalimentare Made in Italy che hanno superato la soglia dei 50 miliardi di euro, di cui circa 40 miliardi riconducibili alla sola all’industria alimentare. Parola del Rapporto Attività 2021 di Unione Italiana Food che conferma il valore enorme del settore anche se il costo delle materie prime e della componente energetica sono i due elementi che figurano in cima alle preoccupazioni del food.

 

Malgrado questo, per 2 aziende su 3 l’export resterà al centro delle strategie e, per 7 aziende su 10, le difficoltà attuali non fermeranno gli investimenti in corso oramai da anni in sostenibilità.

 

Spiega il presidente di UnionFood, Marco Lavazza: “Il sistema economico globale è messo a dura prova dalle sfide che stiamo affrontando. Nonostante lo scenario possa scoraggiare, vogliamo mantenere uno sguardo ottimista; gli imprenditori italiani sono un esempio di bravura, inventiva e, per quanto oggi sia un termine molto inflazionato, resilienza”. Sicuramente, il futuro del cibo passa anche attraverso il futuro dell’industria alimentare e la sua innata capacità di fare innovazione e i prossimi anni potranno essere comunque caratterizzati da una forte spinta verso la crescita. L’industria alimentare “Non si ferma mai e negli anni si è confrontata con sfide sempre nuove che ne confermano il forte ruolo sociale, oltre che economico-sottolinea Paolo Barilla vicepresidente di UnionFood-. Nel secondo Dopoguerra dovevamo sfamare una popolazione che non aveva cibo, poi abbiamo vinto le sfide della qualità e della sicurezza alimentare, portando nel mondo la bandiera del mangiare italiano. La responsabilità della nostra generazione è di garantire al Pianeta l’accesso a cibo di qualità sano, sicuro e sostenibile.

 

Il tema di quest’anno della ricerca è il rapporto tra innovazione e crescita sostenibile delle aziende alimentari, focalizzandosi su quelle familiari e i loro modelli di business. In questo senso, i comparti più dinamici per l’export durante l’anno in corso saranno: distillati, birra, latte e soft drink, ma anche vino e pasta. Farine e caffè potranno avere una crescita anche a due cifre, nonostante l’effetto dell’aumento dei costi delle materie prime. Andamento positivo anche per latte, surgelati e olio. Il vino crescerà del 4,8%, appena al di sotto della media settoriale.

 

Una crescita in cui il discorso sostenibilità è destinato a diventare comunque sempre più centrale: avere un ciclo produttivo che abbia un impatto ambientale il più possibile ridotto è un elemento essenziale oggi, preteso sia dalle aziende stesse che dai clienti. L’Osservatorio evidenzia che nel settore alimentare il 98% delle aziende utilizza del tutto o in parte materie prime a ridotto impatto ambientale. Circa l’88% delle aziende usa in via esclusiva o prevalente packaging sostenibili. Più o meno il 57% ha ottenuto una o più certificazioni inerenti alla sostenibilità ambientale e il 30% circa pubblica un bilancio di sostenibilità, mediamente da almeno tre anni.

Dolce e delicato, l’Aceto di Mele Italiane Bio Ohi Vita è un pieno di vitamine, sazia, tonifica la pelle e tiene in salute i capelli

L’aceto ha una tradizione antica. Era già conosciuto dai Babilonesi e largamente usato anche dai Cinesi, soprattutto per le sue proprietà curative. In Grecia, il padre della medicina Ippocrate prescriveva laceto, con il miele, come sedativo della tosse. E anche oggi è considerato per le sue grandi proprietà remineralizzanti e antinfiammatorie. Meglio se ottenute da un aceto biologico, prodotto da mele al 100% italiane, e capace di valorizzare al meglio i preziosi sapori di tante insalate e ricette calde e fredde. Come l’Aceto di Mele Italiane Bio Ohi Vita, versatile e unico sotto tanti punti di vista.

 

Con un gusto meno acido dell’aceto di vino, l’aceto di mele viene preferito soprattutto nel caso in cui si soffra di acidità di stomaco e, grazie al suo limitato apporto calorico, si rivela come un condimento perfetto per le diete, anche per il suo elevato potere saziante derivato dall’acido acetico.

 

Inoltre, non contenendo colesterolo, può essere consumato senza alcuna controindicazione cardiovascolare. E, con una buona quantità di minerali come potassio, sodio, calcio e magnesio, si rivela come unottima fonte di vitamine, il che lo rende utile nel contrastare i radicali liberi.

 

I Romani lo impiegavano per eliminare le infezioni dall’acqua così da renderla potabile o per preparare la posca, bevanda molto diffusa presso il popolo e i legionari, ricavata dalla miscelazione di acqua e di aceto, con la possibile aggiunta dolcificante del miele, ottima per dissetarsi. Cristoforo Colombo, invece, era solito caricare le proprie caravelle con barili di aceto di mele, perfetto per combattere lo scorbuto, una malattia dovuta alla carenza di vitamina C che colpiva di frequente i marinai da lungo tempo in navigazione. Nel Diciottesimo secolo, l’aceto veniva invece dosato con cura in quanto prodotto di grande pregio e impiegato soprattutto come tonico e ricostituente per la stanchezza e il recupero delle energie dopo una malattia.

 

Cyril Scott, un compositore e autore inglese morto nel 1970, ha scritto un vero e proprio trattato, intitolato Cider Vinegar, in cui racconta tutti gli innumerevoli pregi dell’aceto di mele, per il benessere e la salute delle persone: “Laceto di mele è, tra i vari tipi di aceto, quello più ritenuto efficace per mantenersi in salute. Tale proprietà gli deriva dalla mela che è ricca di effetti benefici. Questi effetti sono potenziati dal processo di fermentazione acetica che purifica il prodotto e lo concentra (…). Per questo è un efficace ricostituente naturale”.

 

L’aceto di mele ha una molteplicità di usi, non solo gastronomici, che lo rendono un prodotto molto versatile e unico sotto tanti punti di vista. Cleopatra sembra proprio che usasse l’aceto di mele come tonico per la pelle: grazie all’acido malico che stimola il ricambio cellulare, si può utilizzare per purificare l’epidermide e contrastare i brufoli. Una buona ricetta per questa pratica prevede di: diluire 1 cucchiaio di aceto di mele con 2 cucchiai d’acqua; passare sulla pelle con del cotone, lasciare poi agire per qualche minuto prima di sciacquare con acqua tiepida. L’aceto di mele è utile anche per reintegrare i sali minerali nei capelli: 1 cucchiaino di aceto di mele diluito in 1 bicchiere d’acqua, applicato prima dello sciampo e lasciato agire per qualche minuto, può produrre effetti benefici sulla loro salute.

 

 

 

 

 

Il menu di cani e gatti? Sempre più dedicato al benessere, proprio come quello dei loro proprietari

I valori-guida e i trend emergenti di quest’ultimo anno vanno dallaffermazione del Free-From al trionfo del made in Italy, dallattenzione verso la sostenibilità alla valorizzazione della filiera. A portarlo in evidenza due ricerche: quella di Grand View Research e quella  dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy.

 

La prima ricerca stima che il mercato globale del pet food  possa raggiungere un fatturato di 139 miliardi di euro entro il 2030, segnando una crescita del 40% rispetto al mercato attuale. A livello globale è il Nord America a detenere la quota di mercato maggiore, seguito dal Brasile, Asia e Sud America. Per restare, invece, in Europa, il mercato di vertice è quello de Regno Unito, seguito da quello tedesco e poi francese.

 

Secondo la ricerca, i prodotti nel mondo del pet food seguiranno nel prossimo futuro cinque tendenze: cibi funzionali, conservanti naturali, insetti, proteine plant based e prodotti green oriented.

 

Cosa s’intende per pet food funzionali? Sono quegli alimenti che vengono addizionati con integratori, come vitamine e probiotici, che aiutano a mantenere alte la salute e il benessere dei nostri amici a 4 zampe. Le crocchette di cani e gatti sono inoltre sempre più richieste quando ricche di sostanze antiossidanti e quando le proteine di origine animale sono sostituite da quelle a base vegetale. Senza dimenticare la grande attenzione rivolta dai consumatori ai packaging sostenibili e alle scelte alimentari che si prendono cura del pianeta: va in questa direzione, proprio come per gli esseri umani, l’utilizzo degli insetti come ingrediente nel cibo per animali, visto che sono molto ricchi di proteine, aminoacidi e macronutrienti.

 

Tendenze confermate anche dall’Osservatorio Immagino che GS1 Italy ha dedicato all’alimentazione felina e canina. Un mercato che, tra supermercati e ipermercati, vale 767 milioni di euro, generati da 3.461 prodotti, e che, nellultimo anno, ha registrato un aumento di +1,2% delle vendite complessive. Anche in questo caso, i principali fenomeni che stanno cambiando il mondo del pet food sono riassumibili in tre tendenze predominanti: Rich-In, Free-From e italianità.

 

I prodotti arricchiti (Rich-In) generano, infatti, un mercato che vale 453 milioni di euro e mostra una crescita annua di +1%: sono soprattutto quelli arricchiti in “vitamine” a generare il giro d’affari, seguiti da “Omega 3-6” e “proteine”. Hanno, invece, superato i 435 milioni di euro (+2,8% annuo) le vendite dei prodotti che rientrano nel paniere Free-From: “senza coloranti” e “grain free/low grain” su tutti.

 

Il vero fenomeno del momento nel pet food è però laffermazione dellitalianità dei prodotti come valore determinante per le scelte dacquisto in supermercati e ipermercati italiani. Queste referenze hanno aumentato le vendite di un +17,7% in un anno, sfiorando i 56 milioni di euro di fatturato in ipermercati e supermercati italiani. Forte è anche la presenza e il ruolo della sostenibilità come tema di comunicazione e di informazione al consumatore nel mondo del pet food. E, quindi, spazio ai prodotti che in etichetta dichiarano di essere stati ottenuti nel rispetto degli animali, come a quelli provenienti da allevamenti e agricoltura sostenibili. Senza dimenticare la certificazione biologico/EU Organic che rappresenta la maggior quota dell’offerta e delle vendite. E la dicitura filiera/tracciabilità” che ha visto aumentare le vendite di +445,2% nell’arco di 12 mesi.

I migliori amici della nostra mente? Sono i mirtilli, soprattutto dai cinquanta anni in poi

Finora sapevamo che fanno bene alla vista e al sistema circolatorio, ma ora si rivela un’altra preziosa virtù benefica dei mirtilli, che li rende frutti davvero consigliatissimi. Un recente studio condotto dall’Università di Cincinnati e pubblicato sulla rivista di settore Nutrients ha infatti messo in luce la capacità dei mirtilli di tenere lontana e combattere malattie temibili come il morbo di Alzheimer e la demenza senile.

 

Secondo questa ricerca, consumare mirtilli ogni giorno, soprattutto a partire dai cinquanta anni di età, diminuirebbe il rischio di sviluppare queste patologie a livello cognitivo. Tutto merito della forte quantità di antociani e flavonoidi di cui i mirtilli sono ricchi.

 

I flavonoidi infatti sono degli efficaci antiinfiammatori, promuovono la produzione di energia nelle cellule e migliorano la funzione metabolica. Effettuato su un campione di 33 pazienti, di età compresa tra i 50 e i 65 anni, con problemi di sovrappeso, prediabete e declino cognitivo, lo studio li ha seguiti per 12 settimane in cui hanno consumato tutti i giorni un integratore a base di mirtilli a colazione. Ebbene, i pazienti che hanno seguito il programma di integrazione hanno mostrato prestazioni migliori in termini di memoria e capacità di apprendimento, oltre ad avere livelli di insulina significativamente più bassi.

 

Lo studio di Cincinnati non fa che confermare i risultati già verificati dello studio epidemiologico condotto dai ricercatori del Centro di ricerca sull’invecchiamento umano dell’Usda Jean Mayer alla Tufts University e pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition nel 2020.

 

In quel caso, lo studio aveva messo in evidenza come gli ultracinquantenni che consumano ridotte quantità di alimenti ricchi di flavonoidi, come mirtilli, mele e tè, hanno probabilità da due a quattro volte maggiori di sviluppare un Alzheimer o una demenza correlata nei 20 anni successivi, rispetto ai coetanei che ne assumono di più. Ad un basso apporto di flavonoidi, contenuti in mele, pere e tè, ma anche capperi, cipolle, cavolo riccio, broccoli, porri, uva si associa infatti un rischio doppio di sviluppare patologie a livello cognitivo, mentre ad una scarsa assunzione di antocianine (mirtilli, fragole e vino rosso) è correlato addirittura un rischio quadruplo.

 

“Basterebbero una tazza di tè al giorno o una porzione di frutti di bosco due o tre volte alla settimana” hanno concluso i ricercatori, sottolineando che se non è mai troppo tardi per apportare cambiamenti dietetici positivi, l’età giusta sono i 50 anni… per non dover poi correre ai ripari.

Una cheesecake in coppa: dall’incontro tra frutta fresca e la cremosità del Quark un dolce semplice e gustoso

Fragole e formaggio. Un’incredibile matrimonio che, declinato in questa ricetta con l’aggiunta di altri sfiziosi frutti di bosco, zucchero a velo e panna diventa un dolce a tutto pasto. Ottime a colazione ma anche a fine pasto, senza dimenticare l’ora della merenda, queste coppette integrano la fragranza della frutta fresca estiva con la consistenza cremosa del formaggio e della panna.

 

Due gli ingredienti principali, dunque: fragole e formaggio Quark. Le prime maturano da maggio a luglio e, almeno per come le conosciamo oggi, nascono da una molteplicità di incroci. A partire dalla varietà Fragaria chiloensis, importata dal Cile ai primi del 1700 da Amedée Frezier, un ingegnere militare ed esploratore francese, che si è poi unita alla Fragaria virginiana, originaria del Nord America, dando vita alla Fragaria x ananassa, molto più grossa e dolce, alla quale ora siamo abituati.

 

Per le loro proprietà benefiche, il grande naturalista svedese Linneo ha definito le fragole “un dono di Dio”. Oggi sappiamo che, per lo straordinario contenuto in sostanze antiossidanti, sono state addirittura inserite tra i super cibi anti-età.

 

Contengono, infatti, pochi zuccheri mentre sono ricche di potassio, calcio e fosforo, magnesio, iodio e bromo, utili per un buon metabolismo. E sono ricchissime di vitamina C, preziosa per il nostro sistema immunitario, oltre che ipocaloriche, diuretiche e dissetanti. I frutti di bosco, invece, venivano storicamente utilizzati per tingere gli abiti presso popolazioni come i Galli e i Celti. All’epoca dei Romani le donne usavano fare il bagno nell’acqua con decotto di foglie di mirtillo per favorire, forse, l’abbronzatura e, nel Settecento, i medici consigliavano il consumo soprattutto di mirtilli per depurare la bile e guarirla dalle infiammazioni. I Padri Pellegrini, appena sbarcati in America del Nord, ne adottarono subito la coltivazione secondo i modi delle popolazioni locali che ne facevano largo uso soprattutto in estate.

 

Per quanto riguarda il Quark, invece, è un formaggio originario della Germania e dell’Austria che si trova anche da noi. Ha una consistenza densa e cremosa simile a quella dello yogurt, ma si tratta proprio di un formaggio a base di latte scremato di capra. Ha, in realtà, un sapore che si trova a metà strada tre lo yogurt greco e la ricotta, viene spesso utilizzato in cucina tanto nelle preparazioni dolci quanto in quelle salate ed è considerato un prodotto ipocalorico, quindi perfetto da utilizzare anche nei dolci come ottimo alleato della linea.

 

Coppette di fragole, frutti di bosco e Quark

 

Ingredienti per 4 persone

  • 400 gr di fragole
  • 200 gr di frutti di bosco, misti e a piacere: mirtilli, ribes, more…
  • 300 gr di Quark
  • 50 g di zucchero a velo
  • 150 gr di panna montata

 

Procedimento:

Lavare le fragole e pulirle bene.

Lavare e asciugare gli altri frutti di bosco.

Tagliare metà delle fragole in pezzettini piccoli.

Mescolare il Quark con due terzi dello zucchero a velo e aggiungere, poco alla volta, la panna montata sempre mescolando per ottenere un composto omogeneo.

Formare le coppette alternando uno strato di fragole a pezzi e frutti di bosco a uno strato di crema di Quark.

Decorare a piacere con il restante zucchero a velo spolverato sopra qualche fragola e qualche frutto di bosco interi.