I prodotti alimentari che hanno in etichetta una connotazione di italianità, ad esempio il tricolore o la scritta “made in italy”, hanno quest’anno aumentato le vendite, nei supermercati e negli ipermercati presenti sul territorio nazionale, dell’1,8%, portando il totale del fatturato a superare gli 8,7 miliardi di euro. Un prodotto alimentare su quattro presenta un riferimento in etichetta all’Italia, qualcosa come oltre 22mila referenze, così come documentato dalla decima edizione dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy.
L’analisi mostra un’importante crescita del peso di questa tipologia di prodotti: quelli che hanno in etichetta un riferimento all’Italia tra giugno 2018 e giugno 2021 hanno anche aumentato la quota di valore sul totale dei prodotti venduti, passando dal 22,5% al 26,9% e segnando quindi una crescita di oltre 4 punti percentuali.
La bandiera italiana è il più diffuso indicatore della nostra identità nazionale in etichetta ed è servita ad aumentare le vendite soprattutto di pizze surgelate, patatine, arrosti affettati e bevande base thè.
Presente sulle etichette di 13.266 prodotti alimentari, il riferimento alla bandiera ha infatti portato la crescita del giro d’affari complessivo a sfiorare i 5 miliardi di euro segnando un +0,2% annuo. I 6.688 prodotti alimentari che dichiarano in etichetta di essere “100% italiano” hanno invece realizzato 3,5 miliardi di euro di giro d’affari, mentre le quasi 7mila referenze alimentari che scrivono “prodotto in Italia” hanno realizzato 1,5 miliardi di euro.
Hanno avuto meno peso sulle vendite nella grande distribuzione le indicazioni geografiche europee: tra Dop, Doc, Igp, Docg, Igt si raggiungono 3.255 prodotti per 871 milioni di euro, circa il 2,7% delle vendite totali. Una percentuale ancora limitata ma che presenta un aumento annuo di ben l’11,5%. Merito soprattutto della denominazione Docg: in un anno, gli 877 vini a Denominazione di origine controllata e garantita hanno aumentato di +17,1% il giro d’affari, superando i 273 milioni di euro, grazie a prodotti come prosecco e spumante classico. La tipicità territoriale comunicata in etichetta specificando il nome della regione da cui il prodotto proviene è un altro fenomeno in ottima crescita: nei 12 mesi analizzati, le vendite di questi 9.429 prodotti registrano un +5,4% e superano i 2,6 miliardi di euro. Tra le regioni più segnalate sulle etichette quella con il maggior numero di prodotti a scaffale è il Piemonte, seguita da Toscana e Sicilia.
Anche il vino si conferma un prodotto strategico per l’economia italiana, con un sensibile incremento dei suoi consumatori nella fascia 18-34 anni. Giovani che bevono in modo responsabile e scelgono il prodotto italiano perché percepito come garanzia di qualità. Il report “Responsabile e di qualità: il rapporto dei giovani col vino”, realizzato dall’Ente previdenziale per gli addetti all’agricoltura (Enpaia) con il Censis, spiega come dal 1993 al 2020, a fronte di una flessione di 2 punti e mezzo sul consumo di vino in Italia, la quota di giovani consumatori sia salita dal 49 al 53%. E come sia l’italianità il criterio principale di scelta per quasi 8 giovani su 10 (il 79,3% ), nel segno del “meglio meno ma di qualità”.